Durante il primo passaggio sul Ponte Girevole della processione in onore del santo patrono di Taranto, l’arcivescovo Filippo Santoro questo pomeriggio ha lanciato nelle acque dei due mari il suo anello episcopale in ricordo del miracolo di San Cataldo, che quest’anno è stato ripreso nelle attività della giornata cataldiana della scuola. Secondo un’antica leggenda, in un viaggio di ritorno dalla Terra Santa a Taranto, il vescovo Cataldo e la sua nave furono colti da una spaventosa tempesta. Le onde si gonfiarono sempre di più e l’equipaggio chiese al Santo di intercedere per la loro salvezza. San Cataldo si sfilò l’anello pastorale e lo gettò in mare. Così la tempesta si placò e nel punto in cui l’anello fu lanciato si formò una sorgente di acqua dolce chiamata «Citro di San Cataldo».
Nel suo messaggio ai tarantini, monsignor Santoro ha detto che «San Cataldo è un dono per Taranto, un dono che dobbiamo custodire e condividere, un dono che ci ha resi degni nell’atto stesso di riceverlo, perché è l’essere amati da Dio che ci cambia la vita». Taranto, ha aggiunto il vescovo, «tante volte, come ogni angolo d’Italia, è lo specchio di un Paese che non riesce ad accordarsi per il bene comune. Il panorama politico e l'incertezza rimane un elemento desolante che speriamo si possa superare anche in un confronto serio tra un Governo e un’opposizione per il bene dell’Italia, abbandonando logiche di potere o interessi di parte».
«Ripeto - ha detto infine monsignor Santoro - anche oggi alla città: non lasciamo devastare l’ambiente e non lasciamo soli gli operai (il riferimento è in primo luogo ai lavoratori dell’Ilva ndr), le loro famiglie, che più di ogni altro hanno subito i danni della ricerca del profitto che non considera la persona umana e la terra, la nostra casa comune».