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«Sono un boss molto cattivo», Dante Marmone protagonista di «W Muozzart!»

 
Alice Scolamacchia

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Alice Scolamacchia

«Sono un boss molto cattivo», Dante Marmone protagonista di «W Muozzart!»

Un film diretto da Sebastiano Rizzo. «Interpreto un capo, un boss così chiuso in sé stesso, così cattivo che alla fine si consuma lui stesso per la stessa cattiveria e muore per la strada come un miserabile»

Giovedì 03 Aprile 2025, 10:04

Dante Marmone, attore, regista teatrale, commediografo e musicista barese, è uno dei protagonisti del film W Muozzart! , diretto da Sebastiano Rizzo, nelle sale dal 27 marzo. Un thriller che si svolge nel corso di una giornata e che racconta di Tommaso (Michele Venitucci), piccolo criminale, e di Justine (Clara Ponsot), ragazza francese che cerca di rintracciare il suo ex fidanzato. I due si incontrano casualmente in una stazione di servizio e intraprendono insieme un viaggio verso Giovinazzo, il paese d’origine di Tommaso e dell’ex di Justine. Lui scappa, lei insegue, finiranno per passare ore insieme e, arrivati in Puglia, avranno a che fare, tra gli altri, anche con Don Nicola, interpretato da Marmone.

Qual è la particolarità del suo personaggio in questo film?

«Il suo mistero. Questo capo, questo boss così chiuso in sé stesso, così cattivo che alla fine si consuma lui stesso per la stessa cattiveria e muore per la strada come un miserabile».

Si tratta di un film tutto girato in Puglia. Si è sentito più a suo agio dietro la cinepresa?

«Certo che no. Ho detto qualche parola in dialetto barese, ma non è ciò che è importante. La ricchezza del personaggio mi ha dato la forza e lo spunto per poterlo interpretare e dargli vita con tutta la sua crudezza».

Il film si svolge in 24 ore: può davvero cambiare una vita intera in così poco tempo?

«Sì, se la vita è una “malavita” basta anche un attimo perché possa cambiare».

Secondo lei è vero che, a volte, per sopravvivere, bisogna avere almeno due facce e due verità?

«Per sopravvivere in quel mondo sì, si vive sempre nel pericolo, sull’orlo del precipizio. Nel nostro mondo, auspico che si possa vivere in modo semplice: che la vita per noi possa avere sempre e solo una sola faccia, quella dell’onestà. In quel mondo, invece, non è possibile, perché è un mondo che ti brucia ed è necessario avere tante facce per poter sopravvivere e vivere un attimo di più».

Se fosse costretto a scegliere: set cinematografico o palcoscenico?

«Non potrei scegliere, li amo profondamente entrambi. Il teatro per le emozioni immediate che si scambiano con il pubblico; nel cinema, invece, tu lavori senza sapere quale cosa stia riprendendo il regista, quale sarà il risultato finale e se tu sei riuscito a rendere quel personaggio. Poi quando vedi il film, capisci e ti rendi conto se hai fatto bene o no. In questo, se mi posso permettere, mi sono piaciuto, perché sono riuscito a rappresentare questo personaggio racchiuso nel suo mistero di uomo che si è consumato la vita nella sua stessa cattiveria».

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