OSTUNI - «Dopo tanti anni di carriera riscontrare l’enorme affetto del pubblico è una gratificazione immensa. È ciò che sta accadendo con le date dello spettacolo, che ha sempre lo stesso finale: dopo 100 minuti sul palco, passo un’altra ora a far foto con chi è venuto a vedermi. Ma è bellissimo così».Non sta nella pelle Ezio Greggio, che a 70 anni non smette di fare ciò che ama. Anzi, rincara la dose: stasera, alle 21, a Ostuni (in piazza Libertà) sarà l’ospite a sorpresa del Ghironda Summer Festival, con uno «special event» a ingresso libero, in collaborazione con l’amministrazione comunale.
Il popolare showman porterà sul palco «Una vita sullo schermo», scritto a sei mani con Marco Salvati e Armando Vertorano, e prodotto da Stefano Francioni: Greggio, con l’ausilio di un grande ledwall, ripercorrerà la storia della tv italiana, attraverso monologhi sferzanti e parodie di famosi personaggi. Oltre ad alcuni tra i suoi numeri più conosciuti, come l’«Asta Tosta» e il mitico quadro del maestro Teomondo Scrofalo. «Non mancherà il cinema - spiega Ezio -, ma anche la politica italiana ed estera. A un certo punto, con l’inno americano arriva Joe Biden: la mia versione è quasi vicina a quella originale, forse anche meglio, leggermente meno suonato».
Lei è nato nel 1954, lo stesso anno in cui la tv ha mosso i primi passi. Cosa guardava sul piccolo schermo da giovanissimo?
«Adoravo quella tv con meno presentatori e più sostanza. Penso a due colonne come Raimondo Vianello e Sandra Mondaini: tra sketch divertenti e gag visive, è indimenticabile la sigla finale di «Noi…no!», in cui Vianello impersonava Tarzan, e ogni volta mimava un incidente diverso. Amavo Gino Bramieri e Walter Chiari, e contemporaneamente guardavo il festival di Sanremo con giganti come Celentano o Morandi, il vero festival. Poi li ho incontrati tutti, e nello show racconto vari episodi con loro».
La scintilla che l’ha convinta a fare del mondo dello spettacolo il suo lavoro?
«Da ragazzo ero persino riservato, ma quando facevo sorridere i compagni di scuola mi sentivo felice. Al cinema sono cresciuto con Totò e Peppino, i Fratelli Marx, Jerry Lewis. Per non parlare di Mel Brooks, con il quale ho avuto la fortuna di fare tre film. Forse la prima scintilla è stata Jean-Paul Belmondo: ero in visita a Parigi con la scuola, e a Montmartre, davanti al Sacré-Coeur, notai un grande assembramento. Mi feci largo e vidi che stavano girando una scena del film “L’animale”. Passai la giornata lì, riuscii persino a scambiare qualche parola con lui e la troupe. Anni dopo l’ho raccontato a Jean-Paul e al figlio Paul, dando a loro - che ridevano come pazzi - la “colpa” dell’inizio della mia carriera».
A proposito di artisti internazionali, lei ha lavorato anche con Leslie Nielsen. Come era?
«Un mattacchione, per me è stato un padre in più, americano. Una volta ha inventato una macchinetta da tenere in mano, che produce terribili “suoni” corporali. La porterò in scena a Ostuni e farò vedere come la usava».
C’è qualcosa che la lega alla Puglia in particolare?
«Proprio a Ostuni ho fatto una puntata di “Veline” nel 2012. La Puglia è una terra che adoro, verranno a trovarmi vari amici e colleghi, tra cui una delle attuali veline che è brindisina, Cosmary, così come le sorelle Dell’Atte, con le quali ho lavorato».
Chi deve ringraziare per la sua straordinaria carriera?
«Antonio Ricci. Con lui ho iniziato a fare Drive In, una collaborazione nata nel 1983. Al cinema direi soprattutto Carlo e Enrico Vanzina, con i quali ho girato diversi film».
La ritroveremo a Striscia?
«Certo. Non so ancora di preciso quando, perché devo conciliare gli impegni di questo show. Andremo anche all’estero, dove molti italiani ci attendono, tra Londra, Canada e Buenos Aires».