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La Puglia è pazza di Enrico Brignano: «Quella volta in cui io e Gabriele Cirilli ci perdemmo a Bari...»

 
Bianca Chiriatti

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Bianca Chiriatti

La Puglia è pazza di Enrico Brignano: «Quella volta in cui io e Gabriele Cirilli ci perdemmo a Bari...»

foto Roberto Panucci

Tris di sold out al TeatroTeam, in scena ieri, oggi e domani con lo spettacolo «Ma... Diamoci del Tu»

Giovedì 12 Gennaio 2023, 10:59

12:59

BARI - Un TeatroTeam sold out ha dato ieri sera il benvenuto a Enrico Brignano, in questi giorni a Bari per ben tre repliche dello spettacolo «Ma... Diamoci del tu», sul palco anche questa sera e domani. Uno show prodotto e organizzato da Vivo Concerti (la tappa pugliese è promossa da M&P Company) che sta collezionando un successo dietro l'altro e continuerà a far ridere e divertire i teatri di tutta Italia. Abbiamo intercettato Brignano tra una prova e l'altra per farci raccontare qualcosa in più di questa performance che vuole accorciare le distanze che inevitabilmente la pandemia ha portato a creare: «L'idea è nata dall’inattività che è stata foriera di pensieri e iniziative: è nata dalla voglia di riprendere in mano la professione, di ricominciare con lo spettacolo e soprattutto di riportare il più possibile la normalità a un pubblico ancora a volte un po’ diffidente – almeno all’inizio – più restio a lasciarsi andare, ancora timoroso».

Sente che la pandemia abbia cambiato qualcosa nel suo modo di interpretare la vita e il lavoro?

«Beh, il senso di impotenza, di fragilità e di incertezza di quel periodo ha segnato tutti. Io ho capito che la libertà non è cosa scontata e che la devo godere fino in fondo ora che è tornata. Ho voglia di “cogliere l’attimo”».

Un successo di pubblico enorme, date sold out, la gente dopo il blocco si è resa conto dell'importanza del teatro?

«Onestamente il teatro è sempre stato importante e il pubblico che mi ha seguito fin qui difficilmente ha perso i nostri appuntamenti. Mi fa piacere vedere che la voglia di tornare alla normalità non è solo mia, per fortuna: anche gli altri vogliono lasciarsi dietro le spalle il periodo poco felice e tutti i pensieri, sia pure solo per un paio d'ore».

Quale pensa sia l’ingrediente segreto del suo successo che la porta da decenni a essere uno dei personaggi più apprezzati dal pubblico?

«Non ho mai scandagliato il perché risulti così gradito al pubblico: posso ipotizzare che la gente percepisca la mia onestà intellettuale, il mio desiderio di offrire sempre il meglio che posso, di non accontentarmi in modo che non siano costretti ad accontentarsi nemmeno gli spettatori».

Qual è invece il modo in cui riesce di più a far ridere sua moglie (Flora Canto, ndr.) e i suoi figli?

«Con mia moglie è una specie di “gara”: quando ci prende il momento della “stupidera” ci rimpalliamo le battute e ci ridiamo addosso. In fondo Flora mi ha conquistato soprattutto con la sua ironia (e con la sua carbonara. Poi è bellissima, ma questo lo vedono tutti. Il resto lo so solo io!). Mia figlia si diverte quando le leggo le favole, perché le faccio le voci e cambio le storie… il piccolo, anche se ha solo un anno e mezzo, lo faccio ridere quando gli solletico il pancino con la bocca e improvviso facce buffe».

Pensa che oggi si possa fare ironia su tutto o ci sono argomenti che proprio non si possono più toccare, altrimenti il pubblico, soprattutto quello social, «se la prende»?

«Posto che c’è molta attenzione alle parole – a volte in modo anche eccessivo, nel senso che si perde il senso dell’ironia e dell’autoironia e tutto viene vissuto troppo sul serio – ritengo che si possa comunque parlare quasi di tutto. Certo, con attenzione, perché alcune battute becere o un po’ grevi non è più corretto farle (e credo sia un bene); in definitiva, il buonsenso mi sembra la guida migliore».

Un'ultima parola sulla Puglia: ha qualche ricordo legato a questa regione?

«Negli anni ’90 ero in tournèe con il mio maestro Gigi Proietti, insieme a Gabriele Cirilli; Gabriele e io arrivavamo prima, per organizzare il palcoscenico. Era molto lontana l’era dei GPS, navigatori e simili, quindi nei pressi di Bari ci siamo persi e non sapevamo dove si trovasse il TeatroTeam. Visto un signore, decidemmo di chiedere a lui, ma cominciò a parlare in dialetto strettissimo… l’unica cosa che capimmo fu la parola “complanare”, poi il buio. Quello si allontanò tutto soddisfatto, mentre noi non solo non avevamo capito niente, ma ci ritrovammo con meno certezze di quelle che avevamo in partenza. Arrivammo perfino a chiederci: "Ma saremo nella città giusta?"».

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