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La voce di una grotta chiamata «Poesia» fra le onde della piccola Roca Vecchia

 
Luisa Ruggio

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Luisa Ruggio

La Grotta della Poesia, Melendugno

Un suono arcano, simile a quello di una gigantesca conchiglia sforacchiata dalle mareggiate adriatiche

Domenica 16 Aprile 2023, 15:07

Un suono come di gigantesca conchiglia sforacchiata dalle mareggiate adriatiche, un suono che precede il verdazzurro lattescente e la nettezza scintillante che in questa primavera di cieli ancora incerti e venti invece decisi abbaglia chi si spinge lungo le piccole baie intervallate dalle falesie che circondano la piccola Roca Vecchia, marina di Melendugno, piena di silenzi come di parole, soprattutto quelle che Rina Durante dedicò alla Grotta della Poesia.

Eccole quelle parole ancora madide di lucore bagnato, talmente sono state prese col coltellino e portate alla bocca come un frutto di mare minore, più semplice, sapore elementare di vita e segreto, macchia mediterranea e sale raggrumato nelle pieghe della roccia, le riporto fedelmente dopo essere tornata a far visita a questi luoghi ancora solitari nel mese di aprile in corso: «Antica “Poesia”/ poesia dimenticata,/ la tua voce rimane inascoltata/ come la mia./ Mi calo nel tuo fondo/ e canto,/ tanto/ non ci ascolta nessuno,/ perché diciamo le stesse cose/ perché abbiamo la stessa voce/ antica e triste del passato».

Già. Abbiamo la stessa voce. La voce dell’acqua in fondo ad una delle piscine naturali più belle del mondo, la voce della Poesia Grande e della Poesia Piccola che è collegata alla prima solo un piano teorico, o meglio, un canale sott’acqua, accesso mistico e simbolico. La voce dei monaci basiliani che tra queste rocce calcaree, questo Tao carsico, vivevano il loro profondissimo eremitaggio. La voce delle testimonianze messapiche, greche e romane. La voce degli ottomani. Parole incise sull’acqua eterna. Iscrizioni, segni, passaggi che prima salpare per valicare l’Adriatico sino alla sponda che ci fa da orizzonte nei giorni tersi, in molti ci hanno lasciato in eredità. Spartiti suonati dal mare. La voce del gabbiano controvento e quella dei canneti mossi dal grecale è sempre la stessa che ha ispirato nel tempo tutte le leggende inanellate a questa vertiginosa bellezza smerigliata di elementi e colori sulla tavolozza del cielo che aggiunge azzurri fino all’imbrunire, quando le lumache fanno gare di lentezza sugli steli di cerfoglio ai bordi dei vicoli inselvatichiti nel borgo dei pescatori. Concedetevi anche voi una gara di lentezza, una Poesia.

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