Lo definì il «Cristo della paternità» per le sofferenze che gli procurarono le figlie insensibili. Lui, Père Goriot, uscito dalla magistrale penna di Balzac e inserito nel più composito affresco della Comédie Humaine, fa fare più di una riflessione il 19 marzo, festa del papà che cade nel giorno della morte del santo protettore Giuseppe. Un grande intellettuale, non romanziere ma saggista, Giacomo Debenedetti, individuava la crisi della modernità nella perdita dei modelli di riferimento. Orfani di padre, e non solo in senso biologico – ma simbolico e metaforico – sono i grandi personaggi dei romanzi modernisti, da Zeno («sono io buono o cattivo?» Si chiede nel piangere il padre che in punto di morte gli assesta un vigoroso schiaffo) a Mattia Pascal e Vitangelo Moscarda, rispettivamente figli di un capitano che ha fatto fortuna nel gioco ma il cui patrimonio, alla sua morte, è insidiato dall’insipienza filiale e di un banchiere, meglio detto usuraio.
Come entrino questi antipodi del padre sofferente e dell’assenza del padre-modello nel nostro scorcio di mondo è presto detto: da una parte la piaga del femminicidio, e quindi padri che lasciano i loro figli orfani, ma dall’altra quella stragrande maggioranza di uomini che ricoprono il loro ruolo con coraggio e operosità, facendosi carico di un’educazione non sempre facile nelle scelte e consentendo ai loro figli di studiare, eccellere in uno sport, dedicarsi a un hobby. Nei giorni in cui Carlantino (e non solo) piange Petronilla, uccisa con decine di fendenti senza potersi difendere – non c’è difesa che tenga quando a colpire sono le mani di chi diceva di amare – onoriamo allo stesso tempo quei padri silenti, come il Goriot del romanzo di Balzac che mette fine ai suoi giorni ormai privo di tutto. «Meglio per lui che sia morto! Pare che il pover’uomo abbia avuto parecchi dispiaceri, durante la sua vita», si legge nel romanzo.
Non immaginiamo certo questi eccessi, ma uno spirito di sana abnegazione che deve esserci per questo difficile mestiere. E quindi onore a quei padri che, dando una gradevole immagine d’insieme, aspettano i loro figli all’uscita della scuola. O quei padri sui campi di calcio e nelle palestre, a esultare per le vittorie dei figli. O ancora; quei padri creativi che sanno sempre trovarne una, come quel Giuseppe, il falegname silente e operoso che mette in gioco il suo «possibile» e affronta il pericolo di morte del Figlio appena nato sul dorso di un asinello.