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Quelle masserie di via Ardito Desio

 
Luisa Ruggio

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Luisa Ruggio

Quelle masserie di via Ardito Desio

Una svolta che si immerge dentro un altro Salento

Domenica 11 Settembre 2022, 11:57

Se è vero che i destini sono già nei nomi, allora quelli con i quali battezziamo le strade, i vicoli di campagna, le piazze, lo sono due volte. Pensate a via Ardito Desio, un binario di significati che è già tutto un programma. Questa via potete trovarla percorrendo la linea retta che da Lecce porta a San Cataldo, è una svolta che si immerge dentro un altro Salento, antico, fatto di paragrafi che sono graminacee e gare di lentezza per lumache sugli steli di liquirizia selvatica e roveti di more ormai mature, un arcipelago di chianche bianchissime a sfavillare nel sole di mezzogiorno come sotto la luna piena di queste nottate di settembre, nel tempo in cui le marine si svuotano e le cittadine ricominciano a pulsare seguendo il ritmo della stagione che vira nel tempo delle piogge e dei venti.

Via Ardito Desio è un foglio di terra dai margini di muretti a secco e fichi cresciuti a dismisura a formare grandi castelli per gli uccelli, ma è soprattutto una clessidra di grani sospesi. Qui, infatti, un grappolo di antiche masserie resiste, mentre tutto il resto del mondo continua a camminare, a svolgersi come una lettura, queste mura diroccate, questi soffitti a volta divelti, queste porte e queste corti, sono le rughe di un sud che si è rifatto il trucco già molte volte e dove qualcosa di autentico ancora resiste. La prima a rivelarsi allo sguardo è Masseria Mosca, che sorge sull’antica Via dello Carro; il nucleo originario come in molti complessi analoghi deve essere individuato nella torre difensiva, databile al XVI secolo e il cui scopo era quello di controllare e proteggere l’importante asso viario. La seconda masseria che si presta alla lettura di questo sommario fatto di pietra leccese e sassi, è in parte crollata, costituita da un ampio cortile con le arnie per l’apicoltura un tempo diffusa nel Salento, si imposta alle spalle della torre e dei fabbricati della masseria.

Non a caso la via che apre a questo scenario è un omaggio ad un antico esploratore ottocentesco, Ardito Desio, per l’appunto. Percorrendola si possono scorgere molte altre masserie che sono state strappate all’oblio, ristrutturate e restituite alla loro vocazione abitativa. Ogni volta che mi spingo oltre il confine che le separa dal resto degli orologi impazziti del mondo come crediamo di conoscerlo oggi, non so mai se il loro destino sia compiuto nel sentimento dell’abbandono che si portano sulla schiena di pale di fico dai frutti spinosi e ostili al tatto, se vogliano intimamente restare intoccabili, oppure se quel destino sia nell’eco delle voci che furono e di tutte le vite che alla stregua delle api sciamarono nei labirinti di vento che le unirono e che ancora le intrecciano per chi sa farsi esploratore nell’anno del Signore 2022.

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