La ministra del Lavoro, Marina Calderone, boccia l’ipotesi della Lega che con il suo sottosegretario Durigon aveva pensato di usare il Tfr per finanziare i pensionamenti anticipati. E il ministro della Pa, Paolo Zangrillo, accusa nemmeno tanto velatamente il segretario della Cgil Landini di non firmare i rinnovi contrattuali per ritagliarsi un ruolo da leader dell’opposizione. Scampoli di politica agostana a Ceglie Messapica, dove ieri il palco della «Piazza» è stato graziato dalla pioggia e ha potuto ospitare mezzo governo Meloni. Ma sul fronte delle elezioni regionali nel centrodestra resta tutto in alto mare.
«Troveremo il miglior candidato possibile anche in questa regione», risponde Giovanni Donzelli, responsabile dell’organizzazione di Fratelli d’Italia e dunque plenipotenziario meloniano al tavolo delle trattative. «Ovviamente - attacca il deputato toscano - non faremo questo scandaloso scambio che vediamo nel centrosinistra tra Marche, Campania e Puglia. Noi pensiamo ai cittadini e non baratteremo giocando a risiko come fa il Pd in Campania con il figlio di De Luca». Ma non è ancora tempo di dire se in Puglia lo sfidante del centrodestra sarà un tecnico o un politico.
E mentre da San Giovanni Rotondo l’ex presidente della Camera, Elisabetta Casellati, considera «persona eccezionale» il collega di partito Mauro D’Attis e dunque lo lancia nel novero dei candidabili, e mentre la linea della Lega (espressa giovedì anche da Matteo Salvini) è che per la Puglia si peschi dalla società civile, Fratelli d’Italia ancora non si esprime pur garantendo che giocherà per vincere. «Non siamo rassegnati in Puglia. In Toscana - dice Donzelli - nessuno avrebbe mai immaginato che potessimo governare otto capoluoghi su dieci. Oggi Fratelli d’Italia ha possibilità di vincere la Toscana, la Toscana rossa. Se noi avessimo dovuto guardare i sondaggi e le aspettative quando avevamo l'1,5% avremmo smesso di fare politica, invece oggi siamo il primo partito e Giorgia Meloni guida la nazione».
Non è comunque serata di annunci. E così alla domanda se condivide la possibilità di usare il Tfr per i pensionamenti anticipati, Calderone risponde da tecnico. «Credo che sia importante utilizzare al meglio il trattamento di fine rapporto, cioè sostenendo l'adesione alla previdenza complementare che possa dare delle garanzie soprattutto alle future generazioni». Stesso approccio sull’ipotesi di congelare l’aumento dell’età pensionabile. «Alla base di tutto c’è sempre la valutazione sulla sostenibilità del sistema». Si sbilancia un po’ di più il ministro dell’Ambiente, Gilberto Pichetto Fratin, che parlando di Ilva ha confermato che l’Aia (Autorizzazione integrata ambientale), su cui si concentrano le critiche di associazioni e movimenti tarantini, «probabilmente andrà modificata rispetto a i nuovi modelli di intervento, però sarà la risposta alle istanze dei gestori».
Ma ieri all’ottava edizione della kermesse organizzata da Affari Italiani è stato soprattutto il giorno di Carlo Calenda, sceso in Puglia anche per incontrare gli esponenti locali di Azione a partire dal consigliere regionale Ruggiero Mennea con il consigliere comunale biscegliese Francesco Spina. Il deputato romano ha confermato che in Puglia sosterrà Decaro ed ha attaccato i Dem e il governatore uscente Michele Emiliano: «E’ una persona di cui ho grande stima, persona moderata, riformista, capace, non capisco cosa aspetti il Pd. Stanno dicendo no a una persona che è stata sindaco e ha preso 500.000 voti, capisco che il Pd è in una condizione in cui si diverte a autoinfliggersi sofferenze, ma questa mi sembrerebbe un po' esagerata». Calenda, insomma, condivide i veti di Decaro agli ex governatori Emiliano e Nichi Vendola. «E’ impensabile – ha detto - che uno si candidi a fare il governatore sapendo che avrà Emiliano. Emiliano ha detto testualmente deve garantire i suoi, ma che è l'ufficio di collocamento? Ed è molto singolare che il Pd nicchia davanti a un governatore che non è manco iscritto al Pd e a uno che ha preso 500.000 voti stia pure a discutere di questa cosa. Se fossi il segretario del Pd direi a Emiliano basta, finito, non ti candidi, finita la storia».
Quando era ministro, Calenda ha a lungo polemizzato con Emiliano sulla vicenda Ilva. Adesso è polemico allo stesso modo anche con il ministro Urso. «L'Ilva – ha detto Calenda - è stata una cosa che poteva succedere solo in Italia. Abbiamo fatto saltare un accordo blindato col più grande produttore mondiale di acciaio che è andato a investire in Francia e adesso Urso si sta inventando delle cose che non si capiscono, nessuno sa cosa vogliono fare, chi lo vuole fare. Vi segnalo che mentre parliamo Ilva costa ai contribuenti italiani 100 milioni di euro al mese».