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Puglia, la norma sulle nomine nel mirino di Emiliano. Il governatore: se non la cancellano sono pronto a dimettermi

Puglia, la norma sulle nomine nel mirino di Emiliano. Il governatore: se non la cancellano sono pronto a dimettermi

 
Massimiliano Scagliarini

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Massimiliano Scagliarini

Puglia, la norma sulle nomine nel mirino di Emiliano. Il governatore: se non la cancellano sono pronto a dimettermi

foto Ansa

Dopo l'esposto alla Procura per il bilancio, il Pd prova a mediare. Martedì incontri con gli altri partiti della coalizione, tra giovedì e venerdì vertice di maggioranza

Domenica 05 Gennaio 2025, 10:00

16:18

BARI - Il presidente Michele Emiliano sembra intenzionato a ottenere a ogni costo dalla sua maggioranza l’abrogazione della norma Laricchia sulle nomine che alla vigilia di Capodanno ha aperto uno scontro istituzionale tra giunta e Consiglio. E per ottenere il dietrofront, che potrebbe riguardare anche alcuni altri emendamenti critici inseriti nel bilancio, il governatore potrebbe mettere sul tavolo le proprie dimissioni. Una minaccia sventolata altre volte, ma che a questo giro - vista la posta in palio, che ha a che fare da un lato con l’agibilità delle scelte di governo, dall’altro con i rapporti di forza nella coalizione - potrebbe costituire fatto concreto: se Emiliano facesse le valigie - dice chi gli sta intorno -, il problema non sarebbe suo ma di chi - oggi come oggi - non può dirsi sicuro di essere rieletto.

Martedì ci saranno dei «bilaterali» tra il Pd e le liste civiche, mercoledì la riunione del gruppo Pd, e giovedì-venerdì - se tutto andrà bene - verrà convocata la riunione di maggioranza. Il segretario regionale Dem, Domenico De Santis, prova a gettare acqua sul fuoco. «Si vuole buttare in pasto alla propaganda politica una questione che attiene al funzionamento dell’aula e al rispetto delle sue regole. Come lo stesso ufficio di presidenza ha dichiarato c’è stato un errore, Emiliano non poteva promulgare una legge senza segnalare questo errore. Ora bisogna far prevalere il senso delle istituzioni e la politica, tornando in Consiglio regionale per trovare una soluzione che ridia all’assemblea legislativa il ruolo decisorio. Probabilmente sarebbe stato meglio convocare il Consiglio prima dell’invio del Bilancio al presidente per la promulgazione. Ma è inutile guardare indietro, ognuno ha fatto le sue scelte. Ora serve che la politica torni a svolgere il suo compito evitando ulteriori polemiche che sono incomprensibili ai cittadini».

Il Pd ha insomma pochi dubbi sulla necessità di abrogare l’articolo 242 che contiene le norme in materia di nomine, con il divieto di nominare i candidati non eletti alle precedenti elezioni e l’obbligo per il presidente di ottenere il parere del Consiglio su ogni singola scelta. Lo scoglio sono i Cinque Stelle.

Nel Pd c’è una (ampia) fetta di falchi che ritiene arrivato, appunto, il momento di dire basta. «Non solo gli manteniamo in caldo il posto per il ritorno in giunta regionale - è il ragionamento -, ma gli abbiamo consentito di incidere su alcune scelte di gestione “dall’esterno” e gli consentiamo tuttora di tenere in mano il pallino delle politiche di Welfare». I quattro voti arrivati dai grillini «governisti» sono stati decisivi nel determinare la non approvazione-approvazione dell’emendamento predisposto dalla grillina ortodossa Antonella Laricchia e cofirmato dal leghista Giacomo Conserva. Da qui una certa irritazione, con l’invito che arriverà ad Emiliano: quello di «prendere atto». Una norma - si ragiona - che impedisce di mettere in atto le scelte di governo equivale a una scelta di campo precisa.

La linea dettata dal governatore sull’esposto in Procura («Non c’è nessuno scontro politico con la presidente del Consiglio, Loredana Capone, l’esposto è un atto dovuto a tutela della legalità») dovrebbe però reggere. Ne consegue la necessità di riconvocare il Consiglio per porre rimedio al vulnus, rivotando la legge di bilancio nel suo complesso (cioè con l’emendamento Laricchia approvato). Salvo poi, appunto, portare una norma soppressiva che cancelli l’intero articolo 242 sulle nomine. E magari anche quello anti-sindaci (l’obbligo per i primi cittadini in carica di dimettersi sei mesi prima in caso di candidatura alla Regione), la cui indeterminatezza potrebbe però comportare l’impugnazione da parte di Palazzo Chigi.

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