POTENZA - «A ogni rilettura dei documenti contenuti nei fascicoli del caso Claps corrisponde qualche nuova scoperta», spiegano i giornalisti Fabio Amendolara e Fabrizio Di Vito. Sono gli autori di «Elisa Claps-Indagine nell'abisso della Chiesa della Trinità», edito per Edi Mavi e in libreria tra qualche giorno. Con gli strumenti del giornalismo investigativo hanno analizzato e ricostruito ogni particolare del caso, consegnando al lettore logiche spiegazioni delle questioni rimaste irrisolte.
Mentre la famiglia lottava (e lotta) ancora per cercare la verità sono spesso state diffuse ricostruzioni fantasiose e parziali che hanno orientato un'opinione pubblica già turbata dal ritrovamento dei resti della vittima in chiesa, da sospetti su prelati e inquirenti, da documenti allusivi e da suggestivi colpi di scena. Seppur muovendosi in un contesto che è ancora difficilmente permeabile, grazie a testimonianze e documenti, i due giornalisti hanno cercato di spiegare le trame e di inquadrare nel loro giusto ruolo i personaggi, portando alla luce importanti dettagli che erano stati tralasciati.
«Ci occupiamo, per esempio, in modo particolarmente approfondito di don Mimì Sabia», spiegano gli autori, «una figura che sembra ancora dividere i cittadini tra chi, anche solo per una semplice deduzione (amministrava la chiesa che ha fatto da tomba a Elisa), ritiene certo un suo coinvolgimento, e chi, invece, sente di escludere a priori questa ipotesi. Leggendo la nostra ricostruzione il lettore finalmente potrà farsi un'idea fondata su dati di fatto ed elementi logici e non solo sulle chiacchiere che girano in città».
Ma è stata scandagliata e analizzata anche ogni attività investigativa: dal ritardo nell'informare la Procura nelle fasi più delicate dell'indagine alle informative ritoccate, fino ai depistaggi, «alcuni dei quali», spiegano gli autori, «si sono manifestati anche dopo il ritrovamento dei resti di Elisa e sono inediti».
E di inedito c'è molto: intercettazioni e verbali di testimoni mai pubblicati, interviste e perfino un'analisi di criminal profiling di Danilo Restivo dettagliata dagli investigatori nel 2007 e mai presa in considerazione. «Il documento giornalistico prodotto», è spiegato nella sinossi che fa da controcopertina, «non è una semplice ricostruzione cronachistica, ma si presenta come un punto di approdo rispetto a ciò che è stato e di partenza verso l'ultimo percorso mai realmente affrontato: la ricerca di chi ha aiutato l'assassino a occultare il cadavere e a farla franca per 17 anni». «30 anni dopo», affermano gli autori, «bisogna voltare pagina.
Ormai il ritrovamento del 2010, quello che la famiglia di Elisa definisce una messinscena, del quale pure ci occupiamo in modo dettagliato rimettendo al loro posto parecchi tasselli che anche il processo aveva lasciato in ordine sparso, risulta chiarito nelle sue rocambolesche dinamiche. Oggi è necessario concentrarsi su chi ha aiutato Restivo a nascondere Elisa. Continuare a distogliere l'attenzione da questo importantissimo segmento della storia non può che fare il gioco di chi sta cercando di restare nell'ombra».