Basilicata alla disperata ricerca di medici di famiglia. Aspettando gli effetti del nascente corso di studi di Medicina all’Università lucana (l’attività didattica comincerà il prossimo anno accademico con 60 matricole), il territorio regionale deve fare i conti con una carenza di «camici bianchi» aggravata dagli ultimi pensionamenti. Dal 2018 a tutto il 2021 il 50% dei medici lucani appenderà lo stetoscopio al chiodo. E il 2022 sarà l’«anno nero» con 57 pensionamenti. Se si proiettasse il fenomeno a dieci anni (al 2028) i medici che chiuderanno l'ambulatorio in Basilicata, secondo dati della Fimmg (Federazione italiana medici di medicina generale), superano gli attuali, con 533 pensionamenti. Le prime avvisaglie della difficoltà di assistenza medica non mancano in tanti paesi delle aree più interne, con i cittadini costretti a emigrare anche solo per una banale ricetta medica.
L’allarme arriva a ridosso di un’indagine, condotta dalla Fimmg, in base alla quale la pandemia ha rafforzato la fiducia dei cittadini per il proprio medico di famiglia. Il sondaggio ha coinvolto circa 500 medici lucani. Si cementifica il rapporto tra cittadini e camici bianchi, ma il settore naviga in acque agitate. Quasi 6 medici su 10 (il 58,4%), infatti, si dicono insoddisfatti dell'organizzazione della medicina generale nel proprio territorio durante i mesi della pandemia e in questo periodo l'84,7% non si è sentito supportato e sostenuto dalle istituzioni sanitarie locali. Il 94,8% dice di non sentirsi un eroe anche se il 27,4% dei cittadini li considera così. Ma nonostante ciò il 77,5% degli italiani ha fiducia nel proprio medico di famiglia. Un dato lievemente più alto rispetto alla fiducia espressa nei confronti del Servizio sanitario nazionale (77,4%). Oltre la metà (il 55,8%) considera il proprio medico «speciale». Una percentuale che sale al 62,3% tra gli over 65. Anche i medici di famiglia lucani come i loro colleghi delle altre regioni hanno fatto di tutto per restare vicini agli assistiti. «I sistemi web e di telefonia, su tutti whatsapp e la messaggistica - racconta Rocco Guglielmi, con ambulatorio nel popoloso quartiere potentino di Poggio Tre Galli - mi hanno permesso di tenere sempre aperto un collegamento con oltre 1.200 assistiti che non potevano raggiungere lo studio». Dall'indagine risulta, infatti, che per il 92,5% dei medici le nuove tecnologie sono state importanti nel periodo della pandemia e per il 49,7% lo saranno anche in futuro per monitorare i pazienti. Il 31% dei medici (e il 38% dei professionisti under 40) ritiene che il proprio territorio abbia bisogno di una grande riforma della medicina generale. «È evidente - aggiunge Guglielmi - che siamo insoddisfatti soprattutto per i pazienti più fragili e le persone anziane che avremmo voluto seguire come prima del Covid. Per questo è necessario pensare a progetti di telemedicina e di assistenza costante e a distanza».
«Le difficoltà espresse dai medici di medicina generale non possono rimanere inascoltate – sottolinea Silvestro Scotti, segretario nazionale della Fimmg –. I medici di medicina generale sono stati in prima linea anche durante la pandemia, pagando con un enorme tributo di vite il loro impegno. Ora bisogna avviare al più presto un confronto per l'evoluzione post-Covid della medicina generale. Vogliamo risposte immediate dalla politica, una sottoscrizione nel brevissimo dell’accordo 2016-2018 e un atto di indirizzo forte che dia mandato per il ridisegno di un Accordo Collettivo Nazionale che doti finalmente tutti gli studi medici di personale e di strumenti diagnostici, che finanzi adeguatamente l’attività clinica dei medici di famiglia e permetta loro finalmente, anche grazie alle nuove piattaforme informatiche e alle nuove forme associative di attuare quanto previsto dal piano nazionale della cronicità e di esser protagonisti delle prossime campagne vaccinali».