Dimezzare la migrazione sanitaria. Ridurre del 50 per cento quel flusso di pazienti lucani che sceglie di curarsi nella vicina Puglia o nelle regioni del Nord. È il mantra di Rocco Leone, assessore azzurro alla Sanità della Regione Basilicata, fin dal suo insediamento. Ogni anno tra i costi della sanità lucana ci sono quaranta milioni di euro spesi per la migrazione sanitaria extraregionale. Nel 2019 si è raggiunto un picco di oltre 55 milioni di euro. Soldi che l’assessore è deciso a dimezzare. Per farlo una delle armi è quella di potenziare la cura delle malattie oncologiche sul territorio lucano. Facendo rete e puntando sull’Irccs Crob, l’Istituto di ricerca e cura nato anni fa, a Rionero in Vulture nell’area nord della Basilicata, proprio con l’obiettivo di fare ricerca in campo oncologico e curare pazienti, provenienti anche dalle regioni limitrofe.
Un obiettivo, quello della migrazione attiva, che l’assessore Leone lega anche all’idea di ridurre la migrazione passiva. Quella che pesa di più sulla spesa sanitaria, quella che consentirebbe ai conti dei presidi sanitari lucani di stare in equilibrio offrendo nello stesso tempo cure di alto livello. Per farlo, ad essere rafforzata è proprio la rete oncologica, con un pool di esperti (provenienti in parte da Agenas, l’Agenzia nazionale per i sistemi sanitari regionali, e in parte dalla stessa Regione) che saranno chiamati a definire la rete oncologica e i nove ambulatori sul territorio dove i pazienti potranno essere presi in carico non solo per la diagnosi ma anche per la cura. Un percorso che ha, tra le novità, quella che a muoversi non saranno i pazienti ma i medici oncologi. «Con la rete oncologica saranno realizzate nuove postazione sul territorio in cui le équipe di ematologi ed oncologi prenderanno in carico il paziente e lo seguiranno in tutto il suo percorso - sottolinea l’esponente della giunta Bardi - Una volta preso in carico, il paziente verrà seguito, gli verranno prenotate le visite, gli esami strumentali e di laboratorio ed un infermiere lo accompagnerà anche nel percorso burocratico. Gli oncologici, poi, non staranno più in pianta fissa in ospedale ma si sposteranno su territorio per gli ambulatori».
Punto di riferimento sarà il Crob appunto, ma un ruolo avrà anche l’ospedale «San Carlo» di Potenza, considerato che parte della chirurgia oncologica si continuerà a fare in quei reparti. «Se vuoi bloccare la migrazione sanitaria il paziente te lo devi andare a cercare e se lo fai il paziente si vedrà seguito. Noi dobbiamo dare al paziente la possibilità di essere seguito in loco» evidenzia l’assessore regionale. E tra i pazienti da cercare non vi sono solo i lucani , ma anche quelli che vengono dalle regioni vicine, Puglia compresa. Per questo, oltre al ruolo fondamentale dei medici di famiglia e degli screening oncologici, c’è anche il potenziamento dei reparti già presenti. Con investimenti in apparecchiature e personale sanitario che per l’Irccs Crob sono stati annunciati nei giorni scorsi, ma che potrebbero riguardare anche il «San Carlo». Questo perché per abbattere la migrazione sanitaria bisogna ridurre drasticamente anche la mobilità passiva legata agli interventi chirurgici. Mobilità extraregionale che oggi, in Basilicata, pesa il 30 per cento della migrazione sanitaria oncologica.