VIGGIANO (POTENZA) - Eni non si è mai fermata. Anche nel clou della pandemia Covid-19, pur riducendo del 30 per cento la produzione qui in Val d’Agri, la compagnia petrolifera ha mantenuto in vita l’impianto.
Walter Rizzi, senior vice president del Distretto Meridionale di Eni, guida la «Fase 2» del Centro olio di Viggiano (Potenza), cuore pulsante della produzione di petrolio in Basilicata. Ragiona sulla ripartenza: «Ci siamo trovati dentro una tempesta perfetta. All’emergenza epidemiologica - dice il manager - si è aggiunta la crisi internazionale del prezzo del barile e il crollo dei consumi e della domanda. Il Distretto Meridionale sta affrontando questa tempesta con il valore delle sue persone, la serietà dell’impegno, lo sforzo massimo per non venir meno alle strategie di sviluppo e anche di cambiamento che erano state programmate. Sul fronte occupazionale - aggiunge - abbiamo evitato il ricorso alla cassa integrazione anche attraverso accordi con le organizzazioni sindacali di settore con le quali si è collaborato in maniera costruttiva. Inoltre, c’è stato, c’è e ci sarà sempre il massimo impegno per garantire la sicurezza ai massimi livelli, nel rispetto di tutti i protocolli dei vari Dpcm e ordinanze regionali e anche di più». Eni in Basilicata ha avviato il percorso verso una nuova normalità e con grande prudenza in primo luogo sta progressivamente incrementando la presenza del personale giornaliero operativo presso il Centro Olio Val d’Agri, sempre nel pieno rispetto delle misure di prevenzione, comportamentali e igienico-sanitarie, a tutela della salute dei lavoratori. «Mentre per i dipendenti delle sedi uffici del Dime lo smart working, per i ruoli che lo consentono, continuerà a rappresentare una modalità di lavoro preziosa per circa il 70% dei colleghi, almeno fino al perdurare dell’emergenza sanitaria».
Il personale diretto Eni Val d’Agri è di oltre 400 persone, di cui ben 218 sono residenti negli 11 comuni della Valle. Per quanto riguarda l’indotto complessivamente si parla di oltre 4.000 lavoratori, numeri eccezionali se si pensa che ben oltre la metà sono lucani. Proprio dall’indotto arrivano segnali di insofferenza legati agli effetti del calo di commesse. Su questo punto Rizzi spiega: «Comprendo benissimo la centralità del lavoro. Come ho già detto nessuno poteva immaginare quello che è successo sia a livello sanitario sia di impatto economico. Chiaramente questo non può essere un alibi ma va tenuto in considerazione».