Un paio di settimane fa ero nell’aula magna di un Liceo, incontravo gli studenti delle ultime due classi. I temi dell’incontro erano quelli che trattiamo anche nella nostra rubrica: eccesso di anglicismi, linguaggi d’odio, politicamente corretto nella lingua, analfabetismo di ritorno, padronanza dell’italiano da parte degli studenti e anche degli adulti. Studenti mediamente attenti, qualcuno (timidamente) si spingeva a far domande. In fondo, seminascosti, tre o quattro ragazzi usavano di continuo il cellulare. I professori li hanno rimproverati. Io, pur apprezzando la solerzia dei professori, ho aggiunto che non volevo obbligare i ragazzi ad ascoltare le mie parole. Forse il richiamo alla scelta personale per una volta ha funzionato, da quel momento il gruppo ha partecipato. Alla fine dell’incontro i professori mi hanno spiegato le ragioni del loro intervento: in classe il cellulare è ospite indesiderato.
Intendiamoci, il cellulare fa parte delle nostre vite. E nessuno può ignorare il mondo digitale quando si ha che fare con ragazzi della «Generazione Z», nati dal 1995-2010 in poi, che considerano il cellulare più o meno una protesi naturale da cui non riescono a separarsi neanche quando vanno a dormire. Ma, allo stesso tempo, è giusto interrogarsi sull’uso che si fa del digitale, sulle conseguenze connesse a possibili smodatezze. A partire dai rischi fisici di cui non si parla. Rimanere per ore attaccati a computer, tablet e cellulare, senza nessuna forma di attività, comporta conseguenze di non poco conto, possibile aumento della miopia e posture scoliotiche.
Ancora più temibili sono le negatività intellettuali. Tocco un solo argomento. Da anni gli insegnanti della scuola primaria e media segnalano la crescente difficoltà dei loro allievi a scrivere manualmente. Nei testi redatti a mano i caratteri appaiono incerti e disallineati, con parole mal disposte sul rigo, con i tratti delle singole lettere a volte difficili da decifrare, con vacillanti legamenti tra una lettera e l’altra, con incongrui miscugli di stili e di caratteri. Non vale solo per i bambini delle elementari o al massimo delle medie. La difficoltà di scrivere a mano è presente in adolescenti delle scuole secondarie superiori e coinvolge in maniera preoccupante i giovani universitari. Spesso gli scritti manuali degli studenti medi e universitari rasentano l’indecifrabilità.
L’aspirazione a una scrittura ordinata e ben leggibile non è un fatto estetizzante, implica l’esercizio appropriato di una conquista umana molto antica che oggi corriamo il rischio di perdere. La scrittura è stata inventata più o meno cinquemilacinquecento anni fa, quasi sicuramente in Mesopotamia, nella regione tra i fiumi Tigri ed Eufrate, territori dove si combattono da decenni conflitti sanguinosi che noi occidentali ed europei guardiamo con distacco. Invenzione meravigliosa la scrittura, che permise di affidare a un supporto non effimero (argilla, superficie solida incisa, papiro, carta, ecc.) i propri pensieri e di affidarli al mondo. Superando i vincoli di tempo e di spazio della comunicazione orale, una scommessa vinta, proiezione verso il futuro.
Torniamo ai nostri giorni. La difficoltà di scrivere nitidamente ha riflessi sulla capacità di coordinare il pensiero e sulla qualità dell’espressione. Ne vengono coinvolti i fondamentali processi cognitivi della mente. A livello cerebrale esiste un legame inscindibile tra attività manuale e area del linguaggio, che si influenzano reciprocamente. La scarsa connessione neuro-cerebrale tra pensiero e manualità crea ostacoli nello sviluppo del linguaggio, parlato e scritto. La caduta investe sia la capacità di tracciare adeguatamente i caratteri sul foglio, sia quella di organizzare correttamente la sequenza di parole e le frasi necessarie per trasmettere il messaggio. E dunque. La difficoltà di scrivere nitidamente non è un fatto estrinseco poco rilevante. Una resa grafica male organizzata e maldestra influenza negativamente l’organizzazione del messaggio scritto. L’abuso dei mezzi digitali può comportare una scarsa riuscita nel tracciare i segni grafici e, a cascata, l’attenuazione e talvolta la perdita, della capacità di esternare correttamente il pensiero.
La scrittura a mano non può essere sostituita dalla scrittura su tastiera, sono entrambe utili perché assolvono a funzioni diverse. Le mani sono importantissime e direttamente collegate al cervello. Va incrementato l’esercizio della manualità, che è fondamentale per lo sviluppo armonico dell’individuo. Evidenze sconosciute nella cultura comune e, quasi sempre, ignorate da coloro che operano nella scuola. Nel mondo occidentale bambini e ragazzi sono fortemente sedentarizzati; alcuni non sanno abbottonarsi i vestiti o non riescono ad allacciarsi le scarpe; altri non sanno lavarsi i denti da soli; altri non riescono a fare operazioni semplici (tracciare cerchi e rettangoli con l’aiuto di compasso e di righello) o addirittura attività semplicissime (ridurre un foglio di carta in segmenti più piccoli tendenzialmente uguali). E, nello stesso tempo, mostrano carenze espressive e linguistiche.
Il recupero della scrittura a mano è fondamentale. Senza demonizzare pc, tablet e smartphone che devono affiancare, non sostituire, la modalità tradizionale di scrittura. Vecchio e nuovo possono convivere, non sono in contrasto, l’uno non esclude l’altro. Accostiamoci al nuovo senza rinunziare al vecchio, è questa la sfida.
Rosario Coluccia