ROVIGO - «Pur non volendo, né potendo per il rispetto che nutro nei confronti degli organi dello Stato italiano, prendere posizione sui fatti che mi vengono addebitati, la cui reale fondatezza verrà chiarita nelle sedi opportune, mi vedo costretto ad intervenire nel dibattito mediatico per far valere i principi di verità e giustizia», Il pm di Rovigo, Davide Nalin, coinvolto nello scandalo della scuola di magistratura Diritto e Scienza assieme a Francesco Bellomo, si difende. E lo fa attraverso una lettera circostanziata nella quale spiega le inesattezze che, a suo dire, sono state dette e scritte in questi giorni.
«Ho letto su numerosi quotidiani accuse nei miei confronti non solo diffamatorie, ma anche surreali ed inverosimili - dice Nalin - Alcuni quotidiani hanno riportato la notizia per cui, anziché dedicarmi al lavoro, mi sarei dilettato a scrivere, nel lontano 2013, quando ero ancora in tirocinio, articoli sui 'supereroi'. Non posso credere che un articolo, frutto di pura speculazione letteraria sia stato il pretesto per affermare che abbia trascurato il mio lavoro da magistrato». Nalin poi continua: «Non possono nemmeno credere che un profilo Facebook dal nick name «David Cooper», la cui immagine di copertina reca, perfettamente riconoscibile, una mia fotografia che mi ritrae costretto a letto a causa di una gravissima patologia che mi ha colpito nel 2010, venga definito come un profilo 'fake' per spiare le persone o, peggio, come un profilo non consono alla immagine di un Pubblico Ministero».
Il pm di Rovigo non si spiega, inoltre, «come sia possibile scrivere che io nel 2011 abbia pedinato in Bari alcune frequentatrici della scuola Diritto e Scienza. Io in Bari non mi sono mai recato e, soprattutto, nel 2011 ero allettato a causa della citata patologia, tanto invalidante che mi costringe ancora tuttora a deambulare con un bastone: quello stesso bastone che qualche testata giornalistica ha definito strumento per incutere timore agli studenti della scuola Diritto e Scienza sede di Milano». Infine, nega di aver fatto parte della lista di «invitati ad una festa tenuta a Rovigo alcuni mesi fa», dove non si sarebbe recato a «causa della bufera giudiziaria» nella quale sarebbe stato coinvolto: «Ebbene, in disparte il fatto che mesi fa la cosiddetta «bufera» non era ancora scoppiata, chi mi conosce sa bene che le mie condizioni attuali di salute sono incompatibili con la vita notturna nei locali affollati». La lettera si chiude con la descrizione del dolore provocato ai genitori del Pm dalle notizie apparse su quotidiani e tv in merito alla vicenda: «Quel giorno io ho visto morire dentro i miei amati genitori ed è stata una sensazione di tale impotenza che non auguro a nessuno di provare».