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Benvenuto «zio Tim»

 

Mercoledì 19 Agosto 2009, 09:46

02 Febbraio 2016, 20:38

il sindaco di Bari, Michele Emiliano con Tim Bartondi MICHELE EMILIANO *

Quasi non sembra vero, anzi, abbiamo tutti l’impressione che, come dice Checco Zalone, nel suo meraviglioso inno del Bari, San Nicola abbia fatto un altro miracolo dopo quello della promozione in serie A. «Zio Tim», un ragazzone più alto di me, con i capelli rossi, si è comprato la Bari. Ed è pure un miliardario e – devo ammetterlo – è anche simpatico con uno sguardo sincero. Quando entra nella mia stanza il suo primo gesto è tendermi la mano, il secondo quello di darmi una pacca sulla spalla come John Wayne in «Berretti verdi». Io di solito sono diffidente, ma di Tim ho cominciato, mio malgrado a fidarmi. Spero proprio di non sbagliare e questo ho detto al signor Barton: «Non tradire la nostra fiducia, non tradirla mai, perché il Bari appartiene soprattutto a chi di fregature dalla vita ne ha avute tante e vuole finalmente vedere che anche qui, nel Sud, ogni tanto può succedere che un sogno si realizzi». 

Se Superman avesse avuto i capelli di quel colore, avrei detto che il nuovo presidente del Bari gli somiglia, ma poi, durante la conferenza-stampa, ho sentito il bisogno di proteggerlo dall’enorme aspettativa che ha suscitato. Ho detto a tutti che il campionato sarà comunque durissimo e che tanti soldi spesso, nel calcio italiano, non sono bastati. Occorre invece quello strano sentimento che fa venire i brividi quando lo provi, che fa piangere quando è frustrato e che ti riempie la vita di gioia quando è soddisfatto, e che cogli persino negli occhi di un bambino che non vuole perdere la sua prima partitella. Quel sentimento si chiama voglia di vincere, si chiama come dicono gli Ultras del Bari «Non mollare mai», consiste nel battersi fino all’ultimo minuto di ogni partita, nel considerare l’avversario sempre e comunque battibile, anche quando si chiama Milan o Juve. 

Tim Barton non c’era la notte in cui Antonio Cassano con una travolgente discesa sulla sinistra portandosi avanti la palla con un colpo di tacco e convergendo verso il centro dell’area con una finta straordinaria, segnò uno straordinario gol all’Inter e neanche il giorno in cui il Bari, subito dopo la tragedia della guerra e prima di Superga, riuscì a battere il grande Torino. Non ha conosciuto né Raffaele Costantino, né Joao Paulo, non ha pianto quando un bestiale terzino della Sampdoria gli frantumò tibia e perone, ma ha visto ieri mattina le bandiere del Bari garrire al vento sulla pista. E gli è bastato questo per decidere con un gesto bellissimo e spontaneo di alzare sulla sua testa una sciarpa biancorossa. 

Certo, non gli basteranno l’entusiasmo e l’affetto dei tifosi, dovrà anche dimostrarsi umile e determinato, generoso ma non prodigo, e soprattutto dovrà essere paziente. Come sono stati pazienti i fratelli Matarrese nel tenere in mano con correttezza e caparbietà, per ben 32 anni, l’A.S. Bari, potendola oggi consegnare alla nuova gestione senza debiti e soprattutto coll’immagine di una società corretta e leale. E con quello che è successo in questi 32 anni in Italia nel mondo del calcio, c’è da essere orgogliosi di essere tifosi baresi. 

Durante la conferenza stampa ho invitato infine tutti i giornalisti presenti e i tifosi a sostenere il Bari in questo difficilissimo avvìo del nuovo management e a tenere sotto controllo le proprie aspettative. So bene quanto è difficile lavorare quando l’attesa dei risultati è spasmodica ed è questa la ragione per cui devo richiamare tutta la città vicino alla squadra con la consueta partecipazione emotiva. «Batte a più non posso questo cuore biancorosso» ed oggi, se è possibile, ha palpitato più del solito. La speranza è adesso davanti a noi. (* Sindaco di Bari)
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