MOLA DI BARI - Alcuni studiosi preconizzarono già due decenni fa che le tecnologie dell’informazione e delle comunicazioni (Ict) avrebbero progressivamente determinato la «morte della distanza» tra l’azienda e i suoi lavoratori, rendendo il lavoro sempre più qualcosa da fare piuttosto che un luogo in cui andare.
In effetti, le Ict offrono grandi opportunità di innovazione nel lavoro organizzato.
«I luoghi in cui si lavora - spiega il professore Luigi Iannuzziello, ricercatore barese di Ingegneria informatica - i tempi di lavoro, le modalità di comunicazione e coordinamento dei lavoratori con le organizzazioni per cui lavorano stanno cambiando molto e velocemente in periodo di pandemia, in particolare grazie agli sviluppi della potenza dei device (dispositivi) mobili e del cloud-computing (la cosiddetta «nuvola informatica» che consente l’elaborazione e l’archiviazione dei dati) e alla riduzione dei loro costi».
In tempo di Covid, in Italia, come nel resto d’Europa e del mondo, un numero in rapida crescita di lavoratori, aderisce a vari programmi di lavoro da remoto che varie organizzazioni hanno attivato per proseguire, lavorando a distanza, anche le proprie ricerche scientifiche. Una di queste storie viene «scritta» a Pasadena, città californiana di 130mila abitanti della Contea di Los Angeles, famosa perché ospita la Nasa (l’agenzia aerospaziale che nei giorni scorsi ha lanciato su Marte la sonda Perseverance) dove lavora la scienziata Sara Susca, 40enne ingegnere aerospaziale pugliese, di Mola di Bari, dal 2001 nell’agenzia aerospaziale, dove sta sviluppando insieme al gruppo di scienziati del Jet Propulsion Laboratory, il «dopo Perseverance»: la missione Spherex, la sonda che verrà lanciata nello spazio nel 2024.
Da quasi 20 anni negli States, dove completati gli studi al Politecnico di Milano, approdò con una borsa di dottorato ricerca dapprima all’Università di Santa Barbara in California e successivamente alla Honeywell a Minneapolis e poi ancora al Jpl della Nasa, l’ingegner Susca è tra le scienziate più note nel campo aerospaziale internazionale, per aver partecipato a diversi progetti e contribuito a numerose missioni. Abbiamo posto a Sara Susca qualche domanda.
Ingegnere, da quasi un anno, anche voi scienziati della Nasa, siete costretti a sviluppare parte delle vostre missioni, lavorando a distanza. Questo agevola o rendepiù difficile il vostro lavoro?
«Si è vero lavoriamo da casa, a meno che non devi lavorare su l’hardware. Dei più di cinquemila dipendenti del laboratorio Jpl della Nasa, solo pochi in realtà possono andare a lavorare in presenza. In realtà è molto difficile continuare a lavorare da casa perché non possiamo parlare facilmente. Il Covid ha reso il nostro lavoro molto difficile perché fondamentalmente le missioni nascono da un lavoro di squadra; purtuttavia la tecnologia ci è di grande aiuto».
Lei ora sta lavorando, nel ruolo di payload systems engineer (ingegnere di sistema) al progetto Spherex: di cosa si tratta?
«Spherex verrà lanciato nel 2024 per osservare l’universo e creare una mappa di centinaia di milioni di galassie, vicine e lontane, per capire e rilevare per esempio come l’universo si è espanso in pochi secondi dopo il big bang; per capire come si formano le galassie, come si forma l’acqua nei sistemi solari».
Prima di Spherex, la scienziata pugliese ha lavorato «cinque anni per la missione interplanetaria sulla sonda Europa Clipper che studia il pianeta Giove». Ha anche partecipato alla missione Psyche, «in particolare su Dsoc (in inglese, «Deep space optical communications», ovvero «sistema di comunicazione spaziale laser»); è una dimostrazione tecnologica della comunicazione optica, da 10-100 volte più veloce della comunicazione radio che usiamo ora per comunicare con i satelliti».
Grazie alla scienziata pugliese e al suo team, Dsoc viaggerà sulla sonda Psyche per scrutare altri segreti dell’universo.