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Il libro
Alberto Nutricati
10 Dicembre 2020
Difendere chi siamo per preservare la nostra identità dall’omologazione forzata e dalla deriva mercatocratica e plutocratica prodotte dal capitalismo. Questa, in sintesi, la tesi sostenuta dal filosofo Diego Fusaro nel suo nuovo saggio, edito da Rizzoli, «Difendere chi siamo. Le ragioni dell’identità italiana». Il libro sarà presentato stasera (ore 18) a Matino in diretta Fb sulla pagina dell’associazione Salentosophia, nell’ambito dell’educational tour «Il culto di Santa Lucia tra tradizione e filosofia». Dopo i saluti istituzionali del sindaco Giorgio Salvatore Toma, con l’autore dialogherà Mario Carparelli (presidente di Salentosophia)
«Credo - spiega Fusaro - che sia molto importante difendere chi siamo, perché la globalizzazione capitalistica ci sta portando via tutto, dai diritti sociali e del lavoro alla nostra identità».
Quando l’industria culturale si espande sino a colonizzare capillarmente il villaggio globale, si porta a compimento il processo di mercificazione dell’uomo tratteggiato da Marx. Una volta che anche la cultura diventa merce, l’alienazione sembra essere l’unico destino al quale l’uomo è condannato. È qua che scatta il meccanismo di difesa di cui parla?
«Esatto. L’alienazione capitalistica ci sta disumanizzando sempre più, riducendoci al rango di merci fra le merci che circolano liberamente in funzione del mercato. Difendere chi siamo significa difendere la nostra cultura, la nostra civiltà, l’umanità che è in noi. Marx in fondo aveva fatto questo, quando aveva combattuto contro la distruzione della natura umana operata dal capitale. Del resto, alienazione vuol dire diventare stranieri a se stessi, perdere la propria identità. Ecco perché nel libro accosto Heidegger a Marx, in quanto entrambi parlano dell’uomo moderno, mettendone in luce rispettivamente la perdita della patria e il divenire straniero a se stesso».
Chi sono gli antagonisti in questa lotta?
«Difficile dirlo. Mancano, ad oggi, sia un partito organizzato come erano i partiti comunisti del ‘900 sia una classe sociale combattiva come era il proletariato. Per contro, destra e sinistra fingono una contrapposizione che in realtà non c’è: sono le due braccia del capitale. Il capitale è un’aquila a doppia apertura alare, di destra nell’economia e di sinistra nella politica. Per questo bisogna superare la dicotomia destra-sinistra e proporne una nuova: alto-basso. Destra e sinistra difendono l’alto. Oggi, dobbiamo elaborare una concettualità filosofica e politica che difenda il basso, gli interessi dei popoli, delle classi lavoratrici, dei dimenticati della storia. Questa contrapposizione è tutta da costruire. Nel libro provo a farlo, ripartendo da quello che definisco un marxismo gramsciano e al tempo stesso legato all’identità e alla sovranità popolare».
Quali sono i maestri ai quali bisogna guardare?
«I grandi maestri della civiltà occidentale, Platone e Aristotele in primis, per giungere a Gramsci, Hegel, Marx e Pasolini. A questi, aggiungo Costanzo Preve, che è stato un maestro di marxismo eretico del ‘900».
Una curiosità. Lei parla spesso di turbocapitalismo, ci spiega a cosa si riferisce?
«Lo chiamo turbocapitalismo per distinguerlo dal vecchio capitalismo borghese di fabbrica. È un capitalismo che distrugge non solo le classi lavoratrici, ma anche i ceti medi borghesi. È il nuovo capitalismo della finanza, dell’e-commerce, dei colossi multinazionali. È un capitalismo che non ha più rapporti con il lavoro e il territorio. È sradicato, apolide, mira solo alla crescita nichilistica fine a se stessa. Questa è la nuova logica di un capitalismo che si è assolutizzato e che anche ora, nel tempo del Covid-19, non perde tempo per organizzarsi in maniera sempre più autoritaria e asimmetrica».
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