Sabato 06 Settembre 2025 | 19:10

«L'Eni sta per trivellare a Nassiriya»

 

Lunedì 13 Febbraio 2006, 20:07

24 Novembre 2024, 18:02

ROMA - «Entro la metà del 2006 il governo iracheno si prepara a siglare accordi con le più grandi Compagnie petrolifere occidentali, tra cui l'italiana Eni, per avviare la produzione di 11 campi petroliferi nel sud dell'Iraq, tra cui quello di Nassiriya», dove si trova il contingente italiano.
Lo afferma un rapporto realizzato dalle associazioni "Un ponte per...", "Arci", "Lunaria" e "Campagna" per la riforma della Banca Mondiale.
Nel rapporto si sottolinea anche che «fin dal 2005 l'Eni, assieme alla Bp, alla Chevron e alla Total è stata in contatto con il ministero del petrolio iracheno per definire il quadro di lavoro per lo sviluppo dei campi petroliferi non ancora operativi nel sud del Paese».
Il dossier, che prende spunto da un lavoro realizzato dalla Ong inglese "Platform" relativo agli interessi dei Paesi occidentali in Iraq, è stato presentato oggi a Roma e si intitola «Truffa a mano armata, i numeri degli interessi occidentali e italiani in Iraq».
Vi è allegato anche un documento riservato del "Mees" (Middle est economic survey), di cui è entrata in possesso "Un ponte per...", in cui il direttore generale degli affari economici dell' organizzazione statale irachena per il mercato del petrolio (Somo), Shamkhi Faraj, sostiene che «il ministero ha avuto discussioni con le Compagnie petrolifere, incluse Bp, Chevron, Eni e Total, per porre le basi dello sviluppo di giacimenti nel sud del Paese, dove le condizioni di sicurezza non sono così difficili come nelle regioni centrali e settentrionali dell'Iraq».
Il rapporto analizza anche quello che sarà lo sviluppo del mercato petrolifero iracheno nei prossimi anni, affermando che non vi sarà una esplicita privatizzazione, ma l'adozione dei "Production sharing agreements" (Psa), «contratti che, pur lasciando all'Iraq la proprietà dei giacimenti petroliferi, di fatto mettono nelle mani delle multinazionali la maggior parte delle future rendite».
In questo quadro la politica energetica che si va delineando, «sostenuta dal Dipartimento di Stato americano e degli altri Paesi della coalizione», fermo restando la scelta dei Psa come formula di intesa, «destina alle multinazionali petrolifere la maggioranza dei giacimenti iracheni - ossia 63 su 80, quasi tutti quelli nuovi da rendere operativi - pari ad almeno il 64% delle riserve del Paese».
Con un prezzo del petrolio stabilito a circa 40 dollari al barile, secondo il rapporto delle Ong, «l'Iraq perderebbe un importo tra i 74 e i 194 miliardi di dollari durante il periodo di validità dei contratti (25-40 anni), mentre la redditività degli investimenti delle Compagnie petrolifere dovrebbe oscillare tra il 42 e il 162 per cento».
In quest'ottica, è scritto ancora, «lo sfruttamento del giacimento di Nassiriya da parte dell'Eni» costerebbe in termini di «mancate entrate per lo Stato iracheno tra i 2,3 ai circa 6 miliardi di dollari, pari rispettivamente all'8 e al 20 per cento del bilancio annuo attuale dell'Iraq».
Contro questo ipotizzato sfruttamento del petrolio iracheno si è espresso Dawood K. Salman, rappresentante della "General union of oil employees di Bassora", il sindacato dei lavoratori del petrolio del sud dell'Iraq. «Rispetto a quando c'era Saddam Hussein per il popolo iracheno non è cambiato nulla - ha detto Salman, presente alla presentazione del rapporto -. Fino a tre anni fa Saddam deteneva il controllo totale delle risorse petrolifere: ora che lui non c'è più lo hanno le Compagnie petrolifere».

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Marchio e contenuto di questo sito sono di interesse storico ai sensi del D. Lgs 42/2004 (decreto Soprintendenza archivistica e Bibliografica Puglia 18 settembre 2020)

Editrice del Mezzogiorno srl - Partita IVA n. 08600270725 (Privacy Policy - Cookie Policy - - Dichiarazione di accessibilità)