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Il «muro» di Metaponto, il prefetto chiude i varchi dei ghetti

 
Gianluigi De Vito

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Gianluigi De Vito

Il «muro» di Metaponto,  il prefetto chiude i varchi dei ghetti

Solo tre stagionali sistemati in strutture ma molti immigrati restano nel borgo per timore di perdere il lavoro. Gli attivisti: ««Questa è l'unica risposta delle istituzioni»

Domenica 23 Aprile 2023, 12:47

Il muro di Metaponto è un mosaico di sbarramenti. Non un serpentone unico, lungo il «confine» che separa il Borgo e i Lidi. Non una lingua di filo spinato e cavalli di Frisia. Piuttosto, tappeti verticali di mattoni forati che sigillano porte, finestre, ingressi dei tre ghetti informali.

Qui e lì, tutto chiuso. Via tutti, nessuno più entri in quei rimasugli di strutture dagli embrici rotti che pure davano riparo ai braccianti stranieri impiegati nella raccolta di frutta e ortaggi del Metapontino.

Tre gli interventi di chiusura dei varchi. Il Comune di Bernalda, guidato da Raffaele Tataranno (centrodestra) ha provveduto a impedire l’accesso dall’esterno dei locali dell’ex campo sportivo. A metà marzo erano una decina gli stagionali sistemati in residui di stanze che a male pena si reggono. Gli altri due ghetti, quello dell’ex Falegnameria Pizzolla e quello dei ruderi di un villaggio turistico mai nato, sono stati chiusi con l’accordo delle curatele fallimentari, perché si tratta di strutture in liquidazione. E qui c’erano, in tutto, almeno altri venti immigrati, secondo il racconto di attivisti di associazioni «di» e «per» immigrati, che con gli stagionali del Metapontino sono in contatto ogni giorno.

L’ordine di murare i varchi è stato impartito dal prefetto di Matera, Sante Copponi ed eseguito sotto l’egida dei poliziotti del commissariato di Pisticci. Un ordine che fa seguito a una direttiva del governo - si apprende da fonti della prefettura - peraltro non recente, ma che è avvenuta dopo aver individuato una sistemazione ai braccianti trovati lì il giorno della chiusura dei varchi. Copponi aveva escluso a metà marzo lo sgombero. E non c’è stata azione di forza. Del resto prima del blitz erano stati individuati dodici posti letto per una sistemazione alternativa. Ma la tensione rimane alta per una serie di ragioni.

Al momento della chiusura dei varchi erano davvero pochi gli stagionali che soggiornavano. Il numero più consistente, tre africani, era nell’ex falegnameria Pizzolla. Sono stati trasferiti in parte in una casa alloggio gestita dalla Caritas a Tricarico e a «Casa Betania», il centro d’accoglienza Caritas a Serra Marina, frazione poco distante da Borgo Metaponto. A loro è stato assicurato anche un nuovo contratto di lavoro, visto che si sono dovuti spostare.

Ma la verità è che a fronte di tre stagionali trovati su dodici posti letto preventivamente attivati, e ancora una volta solo e soltanto grazie al volontariato cattolico, ce ne sono altri «invisibili» che gravitano all’addiaccio nel Borgo e nei dintorni.

«Non si sposteranno da qui, perché qui sono sicuri che qualche caporale li porterà nei campi a lavorare», spiega Pino Passarelli dell’associazione «Migranti tutti».

Lo sfogo di Passarelli è amaro e lungo: «Gli sgomberi e le murature di strutture abbandonate, unico rifugio per molti migranti, continua ad essere l’unica risposta che le "istituzioni" sanno dare alla presenza dei migranti a Metaponto. È successo anche questa volta nonostante il prefetto avesse assicurato che si sarebbe trovata prima una soluzione abitativa. Si continua a spostare i migranti nel territorio lucano senza tener conto che questa è l’ unica piazza logistica utile per poter lavorare in campagna, altrimenti qui non ci verrebbero e non accetterebbero di vivere in quelle condizioni. Nessun Comune lucano ha fatto richiesta dei fondi stanziati dal Pnrr per eliminare i ghetti, fondi che potevano essere utilizzati proprio per riqualificare le tante strutture pubbliche e private abbandonate e murate e recuperare quindi alloggi dignitosi». E Francesco Castelgrande, dell’associazione «Migranti Basilicata», fa eco: «La Regione Basilicata continua a non finanziare e rendere operativa la sua stessa legge, la 13 del 2016, che prevede anche interventi per gli alloggi».

C’è un dettaglio sul quale Passarelli affonda la parte finale dello sfogo: «Questa volta lo sgombero/muratura è coinciso con la fine del Ramadan». E ancora: «Il Comune di Bernalda non è disponibile neanche a far utilizzare i servizi della palestra di Metaponto Borgo affinché i migranti impegnati nei mesi estivi nella raccolta delle angurie a fine giornata potessero farsi almeno una doccia. E questo nonostante, come associazione, avessimo assicurato la pulizia della struttura. I migranti hanno paura di denunciare anche perché non vedono nessun riscontro positivo alle loro richieste di poter vivere dignitosamente e noi come associazioni ci sentiamo impotenti», chiude Passarelli.

Il prefetto Copponi ha annunciato che domani verifichererà la situazione che si è creata all’indomani della muratura dei varchi dei ghetti. Ma è chiaro che il numero delle presenze di stagionali sarà difficile accertarlo con esattezza. La maggior parte degli stagionali rimane «invisibile» perché costretta a spostarsi da una campagna all’altra. Ma Copponi marca il punto e difende l’intervento: «Non potevamo lasciare le cose così com’erano altrimenti il rischio è che in quelle strutture tra un mese vi troveremmo chissà quanti altri stagionali». E questo, per certi versi, suona come una conferma al fatto che il numero degli invisibili non è certo così contenuto come quello trovato il giorno del blitz.

Da parte sua, il vescovo di Matera-Tricarico, Antonio Giuseppe Caiazzocontinua a stare sul pezzo. Ha sempre seguito in prima persona la vicenda, assieme ai due sacerdoti attivi nella zona, don Giuseppe Lavecchia, parroco del Borgo, e soprattutto, don Antonio Polidoro, parroco di Scanzano, direttore diocesano della Caritas. Caiazzo: «Ho saputo della muratura e sto cercando di prendere coscienza di quello che sta accadendo. Posso solo ribadire quello che ho più volte detto nelle riunioni in prefettura e cioè che basta che venga messo a disposizione un locale e la mia diocesi si attiverà per sistemare quelle persone in maniera dignitosa. Ma deve essere chiaro che non accetteremo un locale poco dignitoso, non vogliamo una palestra perché fare accoglienza significa anche garantire spazi che rispettino la dignità delle persone».

Ma dai Comuni del Metapontino e dalla Regione, nessun cenno. Copponi conferma: «Abbiano interessato il Comune di Bernalda, ma al momento non c’è arrivata nessuna indicazione di struttura utilizzabile».

La tensione resta alta. Le campagne di raccolta si intensificano: la fragola entra nella fase massiccia e nell’orizzonte vicinissimo ci sono i cocomeri e i pomodori. Il bisogno di manodopera non fermerà gli arrivi degli stagionali. E senza neanche l’infernale tetto del ghetto, le dannazioni degli immigrati annunciano tormenti che inquietano. Tutti.

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