Sabato 06 Settembre 2025 | 02:36

Passo dopo passo nell'universo di banche, bancari, banchieri e misteri

 
Michele Mirabella

Reporter:

Michele Mirabella

Quando c'è la salute, c'è Michele Mirabella

Secoli di pragmatismo rassegnato e di occhiuta politica economica ci hanno indirizzato verso un realismo comodo e ineluttabile

Domenica 19 Marzo 2023, 13:36

Ho sempre nutrito un gran rispetto per le banche, un grande e timoroso rispetto. Sarà che la mia ignoranza senza lacune della difficile arte della finanza e delle complicatissime tecniche dell’economia mi hanno sempre posto in una debole condizione di soggezione, sarà che il mio rapporto con il denaro è di diffidenza disinvolta, mista ad una prudenza arcaica (io guardo con simpatia al salvadanaio) di fatto, le banche m’intimidiscono e, mi sia perdonato l’accostamento stridentemente blasfemo, mi fanno impressione come le chiese, soprattutto quelle antiche e sontuose, ma per simmetrico e contrario timore. Che c’entri qualcosa il fatto che il denaro è, per i Padri e i Dottori della Chiesa, la cacca del demonio?

Dante stesso tituba valutando se il risparmio o l’accumulo (la capitalizzazione, diremmo oggi) siano un peccato e, quanto alla dislocazione di certi peccatori del, diciamo così, ambiente finanziario, fa il sofistico e distingue tra usurai e banchieri. Giustamente. E, abilmente conficca i primi in Malebolge, ospitando gli altri tra gli spiriti purganti. Non dobbiamo dimenticare che Dante mirabilmente vaneggia del suo viaggio ultraterreno negli stessi anni in cui si cominciano ad erigere molto terreni istituti bancari in tutta Europa e, segnatamente, nell’Italia settentrionale. E suo padre era in odore di usura in sporadici affari e ad alti livelli.

Secoli di pragmatismo rassegnato e di occhiuta politica economica, senza l’imbarazzo delle illusioni della solidarietà sociale, ci hanno indirizzato verso un realismo comodo e ineluttabile per cui pratichiamo col denaro, oggi, un asettico commercio che ignora sulfuree intromissioni. Le banche sono diventate moderni e anonimi «non-luoghi» ove trattare con professionale scientificità gli affari, da ricettacoli arcigni di una finanza distante dalle faccende e dalle pene umane che erano.
E questa è la tappa dell’epoca informatica di un processo lungo che comincia lontano nel tempo. Quell’informatica che, proprio per costruire il suo fabbisogno tecnologico, ha creato delle banche ricchissime e potenti. La cronaca di questi giorni è costretta ad occuparsene. È il più recente capitolo di una vicenda antica.

Da qualche giorno tento di seguire con riluttanza, ma con senso del dovere e curiosità, le vicende legate ai disastri bancari statunitensi, ai tracolli spaventosi delle proprietà delle banche. Disney, inventando Paperone fu profeta delle opulenze moderne. Solo che Paperon dei Bisognosi non ha mai fatto bancarotta. Anzi, nuotando nelle sue banconote, ha arricchito Disneyland. L’opulenza sfacciata delle cifre in gioco, oggi, l’altrettanto sfacciata iconografia dei protagonisti, non simpaticissimi con i loro misteri, i loro troppi soldi fatti a mattonate e speculazioni immani e virulente, la incomprensibile cinismo dei modi e delle referenze mi ha indisposto. Tuttavia ho cercato di capire. Non ci sono riuscito. Chi compra che cosa e, soprattutto, chi compra chi? Perché si capisce che sono destini, destini umani in gioco e non solo sigle, cartelli, società. La stragrande maggioranza dei cittadini ignora cosa sia un’Opa, una base di rilancio, un azionariato popolare. Una moltitudine di clienti cittadini ha, delle banche, la sola idea percepibile e, cioè, quella degli arcigni sportelli e dell’impiegato che, qualche volta è comprensivo. Il bancario, non il banchiere che comprensivo non è e non gliene frega niente né del cittadino medio né del suo esangue conto corrente.

Ben altri sono i pensieri del banchiere: lui pensa a comprare altre banche, magari a mangiarsele, magari a distruggerle, comunque a fregarle all’avversario. Non pensa certo alla nostra richiesta di mutuo rimasta lettera morta perché non siamo abbastanza ricchi da poter garantire assolutamente la restituzione del denaro. Vola alto il banchiere. Non si fa capire. Noi gli diamo i soldi da amministrare e lui sa farlo, e come! Salvo poi a non farci percepire neanche lontanamente se le cose per la «sua» banca vanno meglio. A noi sempre quell’interesse elargisce, magari piangendo e mugugnando. E se noi sbagliamo i conti, non ci accorgiamo delle soperchierie, certo non ci avvisa: peggio per noi che non abbiamo studiato da ragionieri o finanzieri.

Vola alto il banchiere. Qualche volta i banchieri, che non conoscono la favola di Icaro lo fanno in un cielo globale e molto nuvoloso. E troppo in alto. È successo: prima in California, poi in Svizzera. A diverso titolo, questi istituti erano sinonimi di certezze contabili, robusti e fortunati investimenti, porti sicuri della grande finanza.

Sarebbe una sorpresa per i lettori se, in conclusione, io squadernassi competenze che ho detto di non avere, ma il timore resta: ascoltando i bollettini di borsa, altro messale del rito pagano, non riesco a raccapezzarmi. Per me Silicon Valley era un posto in California dove si erano radunati i grandi imprenditori dell’informatica. Il «crack» bloccherà anche il mio telefonino? E la Svizzera? Non andavano tutti in Svizzera a risparmiare o a nascondere?

Di queste catastrofi molti temono che pagheremo le conseguenze anche noi. Noi che siamo ancora legati ad un vecchio ammonimento del mio paese. Ci affidiamo ad una banca sicura e onesta che sia dalla parte di cittadini e faccia suo il modo di dire antico. Stip ca truv!! Metti al sicuro e troverai.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Marchio e contenuto di questo sito sono di interesse storico ai sensi del D. Lgs 42/2004 (decreto Soprintendenza archivistica e Bibliografica Puglia 18 settembre 2020)

Editrice del Mezzogiorno srl - Partita IVA n. 08600270725 (Privacy Policy - Cookie Policy - - Dichiarazione di accessibilità)