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Da Lecce l'appello: «Proteggiamo Piazza d’Italia»

 
ALESSANDRA LEZZI

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ALESSANDRA LEZZI

Da Lecce l'appello: «Proteggiamo Piazza d’Italia»

foto d'archivio

Materassi logori, coperte sporche, avanzi di cibo. E olezzo di feci e urine. Monumento e sede Lilt nel degrado. Serravezza: «Non ce ne andiamo, si deve agire».

Domenica 04 Febbraio 2024, 13:30

LECCE - Capita che ad usar gli acronimi si perda un po’ di essenza delle cose. E allora val la pena pronunciare la sigla per esteso. La sede leccese della Lega italiana per la lotta ai tumori è invasa da un livello di degrado, abbandono e sporcizia impressionanti. Il luogo che dovrebbe accogliere uomini e donne che combattono una malattia complicata e per la quale la sanificazione dei posti frequentati è fatto realmente vitale è pieno zeppo di materassi logori, coperte sporche, avanzi di cibo, attrezzature distrutte.

E tutt’intorno, nell’area monumentale dedicata ai Caduti, c’è un insopportabile olezzo di feci e urine indegno di una zona residenziale, al centro di due strade principali della città e proprio di fronte a Porta San Biagio.

Il dottor Giuseppe Serravezza, noto oncologo e presidente dell’associazione, è arrabbiato ma non molla: «Ci hanno detto che l’unica soluzione è andare via di qua, trovare un’altra sede. Ma scherziamo? Siamo qui da trent’anni. E poi, che messaggio civico è? È una resa nella lotta alla mancanza di regole, al degrado. E soprattutto significherebbe vedere peggiorare la situazione».

Aiuta a far chiarezza la storia di quell’immobile, che nasce come Casa del Mutilato di Guerra. L’edificio, con un bellissimo portico semicircolare, caratterizzato da un colonnato neoclassico preceduto da una scalinata, venne realizzato grazie ad una raccolta fondi, e inaugurato nel 1928. La volontà iniziale dell’associazione dei mutilati di guerra fu immediatamente quella di coinvolgere nell’idea la sanità pubblica. Così, un’ala dell’edificio, un quarto dell’intero immobile, venne donata alla Asl, la quale ne è stata proprietaria fino a quattro anni fa, quando l’azienda sanitaria leccese la donò al Comune del capoluogo con l’idea di farla rientrare in un progetto di riqualificazione. Il comune ne è ancora proprietario, seppure solo dell’ala data negli ultimi trent’anni in comodato alla Lilt. Di più. Su quel quarto dell’immobile esiste un vincolo: chi l’ha costruito ha stabilito che quella parte sarebbe stata in perpetuum destinata ad associazioni di volontariato.

«Il problema dei senzatetto e quindi della mancanza di igiene e decoro esiste da anni davanti alla nostra sede - racconta Serravezza -. Noi abbiamo sempre cercato di conviverci. Per anni abbiamo comprato loro medicinali e personalmente utilizzavo le domeniche per visitarli gratuitamente. Per un po’ la situazione, seppure non idilliaca, è stata sotto controllo. Poi c’è stato il cantiere per il restauro del monumento ai Caduti. In quei sette mesi ci avevano chiesto di tenere chiuso. E da allora il delirio. Prima erano tre, poi sono aumentati e soprattutto non sono mai gli stessi. Ma il problema non sono soltanto le persone senza fissa dimora - spiega ancora - La sera è un ricettacolo di ragazzi che vanno lì a fare i propri bisogni dopo la movida. È indecoroso, non si può tollerare questa situazione del non poter far nulla».

All’interno della sede della Lilt ormai è facile entrare. La porticina è stata distrutta, a furia di sfondamenti notturni. Cambiarla? Qui iniziano i problemi. C’è bisogno del parere della Soprintendenza. Quella porta altrimenti non si può toccare. Il problema, insieme alla possibilità di proteggere l’area di piazza d’Italia e l’intero immobile con una cancellata, è stato posto nel corso del Comitato per l’ordine e la sicurezza, cui ha partecipato anche il sindaco Carlo Salvemini. Qui è iniziato il rimpallo di responsabilità. «Serve restituire alla città il recupero di un immobile di pregio che non è di nostra proprietà», le parole del primo cittadino, che si riferisce evidentemente all’intero immobile, e non al quarto della struttura di cui il comune è proprietario. Dalla Soprintendenza, al tavolo in prefettura, è emerso da un lato che non c’è stata alcuna richiesta ufficiale di intervento sull’immobile sulla quale dare un parere, dall’altro che la cancellata sarebbe inconciliabile con le norme sulla tutela architettonica. Una foto del 1928 dimostra però che la cancellata originariamente c’era. E questo cambia tutto. Purché qualcuno si decida a decidere.

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