MAGLIE - L'’Ispe (Istituto per i servizi alla persona) dovrà versare 63600 euro al Comune. È l’importo dovuto per l’Imu relativa all’anno 2017 e non pagata perché l’Istituto ha ritenuto di esserne esente. È l’esito della sentenza emessa dalla Corte di giustizia tributaria di primo grado di Lecce che ha rigettato il ricorso prodotto dall’Ispe a seguito di due avvisi di accertamento emessi dal comune di Maglie.
Anche negli anni a seguire gli amministratori dell’Ispe hanno continuato a ritenere che l’Istituto fosse esente dall’imposta e quindi non l’hanno versata. Di conseguenza questo primo ricorso alle aule di giustizia potrebbe essere solo l’incipit di una vicenda che si ripeterà negli anni a seguire o che potrà vedere, in tempi più ristretti, un ricorso in appello. Per l’Ispe tanta era la certezza di non dover versare l’imposta che non ne ha neppure chiesta l’esenzione al Comune. Invece nel dispositivo della Corte di giustizia tributaria si evidenza come l’Ispe non poteva omettere di presentare un’istanza di richiesta di esenzione, cosa che invece l’Ispe ha fatto presumendo che il Comune fosse a conoscenza delle condizioni che avrebbero portato l’Istituto a fruire dall’esenzione. Una formalità sostanziale che ha determinato la sentenza. Ma l’Amministrazione comunale guidata dal sindaco Ernesto Toma, e, in questo caso, rappresentata dall’avvocato Dario Marsella, ha anche eccepito che l’Ispe non svolge attività esclusivamente sociale, ma commerciale in quanto i ricoveri nella casa di riposo sono assistiti a fronte di un corrispettivo.
Altra eccezione riguardava l’ex Orfanotrofio per il quale l’Ispe prefigurava l’esenzione in quanto istituto religioso. Anche in questo caso per il Comune la regola non è applicabile perché l’Ispe ha solo dato in comodato d’uso l’immobile alla suore Alcantarine e l’Ordine non ne ha mai avuto la proprietà, quella sarebbe stata condizione necessaria per l’esonero dall’obbligo del versamento dell’imposta.
Si chiude dunque così una vicenda che si trascinava da tempo. L’Ispe chiamato a pagare perché i giudici della sezione tributaria hanno messo la parole fine.