LECCE - Le imprenditrici salentine affrontano la pandemia, senza arrendersi alla recessione. Il numero delle aziende attive in «rosa» è rimasto invariato in provincia di Lecce. Sono 14.550 e rappresentano il 22,5 per cento del totale delle aziende attive salentine (64.691). È quanto emerge da uno studio condotto da DavideStasi, data analyst.
L’analisi per settori economici evidenzia una consistente presenza imprenditoriale femminile nel commercio con 4.755 imprese attive che rappresentano il 32,7 per cento del totale delle imprese femminili (14.550); nell’agricoltura si contano 2.667 imprese (pari al 18,3 per cento); nelle attività dei servizi di alloggio e ristorazione ci sono 1.613 imprese (11,1 per cento); nelle «altre attività di servizi» (prevalentemente servizi alla persona) altre 1.591 imprese (10,9 per cento); le attività manifatturiere sono 1.001 (6,9 per cento).
«Nel nostro Paese – spiega Stasi – sia per la crisi che per le reali difficoltà nel trovare un posto di lavoro, cresce sempre di più la voglia di mettersi in proprio e trasformare un’idea in un’impresa innovativa, sempre più spesso tutta al femminile. Nella maggior parte dei casi, le aziende in “rosa” possono fruire di una serie di agevolazioni, come i contributi “a fondo perduto”, ovvero incentivi per l’avvio dell’impresa femminile, costituiti da una parte di capitale che non deve essere restituito e il resto viene rimborsato in rate a tasso agevolato. Ci sono, poi, le agevolazioni per avviare l’attività, realizzare nuovi progetti aziendali, acquistare nuovi prodotti e servizi. Esiste anche il fondo di garanzia che non prevede un contributo economico, ma permette di richiedere un finanziamento garantito dallo Stato».
Questo il trend delle imprese femminili, anno per anno: 14.113 a fine 2015; 14.276 l’anno dopo; 14.417 nel 2017; 14.459 l’anno successivo; 14.556 nel 2019. Nel quinquennio preso in esame, dunque, sono aumentate di 437 unità, pari ad un tasso del 3,1 per cento. L’incremento maggiore si registra nelle attività dei servizi alloggio e ristorazione: da 1.439 a 1.613, ovvero 174 attività in più (+12,1 per cento). A seguire le imprese in agricoltura sono passate da 2.500 a 2.667, ovvero 167 (+6,7 per cento); le «altre attività di servizi» crescono da 1.450 a 1.591, ovvero 141 aziende in più (+9,7 per cento); le attività immobiliari da 209 a 290, ovvero 81 attività in più (+38,8 per cento).
Emergono alcune filiere a maggiore vocazione femminile, con tante produzioni che rappresentano il frutto di una cultura che affonda le sue radici nella storia economica dell’Italia.