I legali della famiglia di Ivan Ciullo, il dj salentino trovato impiccato ad un albero di ulivo il 22 giugno 2015 nelle campagne di Acquarica del Capo (Lecce), continuano a non credere alle conclusioni dei periti della magistratura salentina secondo i quali il decesso del giovane, in arte Navi, è dipeso da «morte asfittica per impiccamento, del tutto attendibilmente di natura suicidaria». Per questo i legali hanno depositato in Procura, a Lecce, una nuova consulenza tecnica volta ad avvalorare con nuovi elementi investigativi l'ipotesi sostenuta dalla famiglia e dai consulenti di parte, secondo i quali il dj è stato ucciso.
Nelle 48 pagine delle memorie di indagine curate dal criminologo Roberto Lazzari emergono - secondo i legali - le carenze investigative dei primi anni di indagine, che hanno portato a due archiviazioni. L’analisi svolta per la prima volta sui tabulati telefonici dell’indagato, un uomo con cui il dj aveva una relazione tormentata, evidenzierebbero una serie di contraddizioni in cui l’uomo - a dire dei legali - sarebbe caduto, non solo in riferimento alle telefonate e ai messaggi scambiati con la vittima il giorno della morte, ma anche sui suoi spostamenti, di come in realtà fosse ad Acquarica del Capo proprio nelle ore in cui è stata collocata la morte del dj e non come riferito a Tuglie (Lecce). Nel riepilogare gli esiti delle indagini svolte in questi 5 anni, si sollecita la pm Maria Vallefuoco ad ulteriori approfondimenti investigativi in merito al cavo microfonico al quale fu trovato appeso il corpo di Ciullo e sulla posizione di altre persone che la vittima frequentava soprattutto per lavoro.