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Lecce, trivellazioni: con l’air-gun rischi per gli ordigni bellici

 
Mauro Ciardo

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Mauro Ciardo

Lecce, trivellazioni: con l’air-gun rischi per gli ordigni bellici

Gli attivisti trasmettono un documento ai ministeri: «La pressione dell’aria può creare detonazioni pericolose»

Lunedì 08 Ottobre 2018, 10:08

LECCE - «L’uso dell’air gun per la ricerca di petrolio in mare potrebbe riattivare ordigni inesplosi che giacciono sui fondali».
L’avvertimento arriva dal movimento “No Triv Mediterraneo”, che lo scorso 5 settembre ha depositato una serie di osservazioni al ministero dello Sviluppo economico e a quello dell’Ambiente e della tutela del territorio e del mare. Il documento è stato trasmesso nell’ambito della procedura autorizzativa riguardante due richieste di permessi di ricerca di idrocarburi liquidi e gassosi, attraverso prospezioni, presentate dalla «Northern petroleum» e che interessano le acque marine antistanti la costa salentina, in particolare quella tra il Basso Ionio e l’Adriatico ove il promontorio di Leuca fa da spartiacque.

Le ricerche dovrebbero essere effettuate con la tecnica dell’air gun, aria sparata ad altissima pressione verso il fondale marino per registrare con appositi strumenti le onde di ritorno e quindi valutare la presenza di eventuali vuoti nella crosta terrestre che potrebbero contenere olii minerali. Sacche in cui potrebbe essere avviato lo sfruttamento attraverso le temute trivellazioni.

La presenza di ordigni nel mare è stata già evidenziata dalla “Map of unexploded ordinance dumping sites in the southern Adriatic sea”, nell’ambito del progetto “Red Cod” (research of environment damnage caused by chemical ordnance dumped at sea) cofinanziato dalla Commissione europea.
Nel Salento in particolare, sono interessate le aree marine antistanti la costa adriatica, tra Otranto e il Capo di Leuca. Si tratta dei punti evidenziati nella mappa oggetto di segnalazioni fatte da pescatori, che con ogni probabilità hanno visto incappare le proprie reti a strascico negli ordigni, oppure da sub che si sono imbattuti nelle bombe a diversi metri di profondità nel corso delle loro escursioni.

La potente pressione dell’air gun, stando alle paure espresse dal movimento, potrebbe innescare le spolette e far brillare le bombe, che potrebbero risalire alla seconda guerra mondiale rimaste quindi intatte per più di 70 anni. Per questo motivo chiedono che venga usata la massima cautela prima dell’approvazione dei piani di ricerca delle multinazionali.
«Come riportato dallo stesso sistema informativo e dalla società – affermano gli attivisti del movimento - vicino all’area interessata ci sono degli ordigni inesplosi. Non conoscendo la natura chimico fisica di tali ordigni - aggiungono - nonché gli effetti che potrebbe avere l’air gun sui fondali, la distanza non preclude rischi per cui va applicato il principio di precauzione».

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