LECCE - Il sindaco Carlo Salvemini ottiene l’ok alla manovra «lacrime e sangue» per ripianare in 15 anni circa 30 milioni di buco in bilancio, ma perde per strada una parte della sua maggioranza. E ora, a 15 mesi dal suo insediamento a palazzo Carafa, il primo cittadino leccese sta valutando la possibilità di gettare la spugna. «Valuterò serenamente e seriamente nei prossimi giorni se esistono le condizioni per poter governare Lecce coerente al mandato ricevuto e agli impegni assunti - ha infatti spiegato ieri Salvemini - e poi trarrò le conclusioni conseguenti. Da sempre convinto che, in politica, le dimissioni non si annunciano, si presentano».
Cosa lo spingerebbe a valutare le dimissioni? La manovra di riequilibrio dei conti in rosso è passata, ieri mattina, in Consiglio comunale, tra astensioni e assenze. Ad astenersi sono stati due dei tre consiglieri del gruppo «Prima Lecce» (Antonio Finamore e Laura Calò). Gli stessi che, passando nello scorso mese di marzo scorso dai banchi del centrodestra a quelli del centrosinistra, hanno ridato a Salvemini la maggioranza, che Tar Lecce e Consiglio di Stato gli avevano tolto, decretando l’esistenza dell’anatra zoppa a palazzo Carafa. Tra gli assenti («ingiustificato», a detta del sindaco), invece, l’esponente del movimento «Andare Oltre» Massimo Fragola.
«Sindaco, noi ti abbiamo seguito sull’esigenza del Comune di attivare politiche di bilancio tese a ristabilire l’equilibrio - hanno detto dal gruppo “Prima Lecce” - Non siamo però francamente convinti che la ricetta che tu oggi ci proponi sia quella giusta per l’Amministrazione e per la città». Ma per Salvemini si tratta di «un provvedimento impopolare, che imporrà sacrifici ai cittadini e ai dipendenti comunali assunto in ragione dell’interesse pubblico a curare un bilancio in fortissima sofferenza».
Alla fine, la delibera è stata approvata con appena 13 sì, 9 contrari e 3 astenuti. Tra questi ultimi anche Fabio Valente, dei 5 Stelle. Mentre non hanno votato, in quanto assenti, 5 consiglieri di centrodestra: Luciano Battista e Severo Martini (Forza Italia), Michele Giordano (Fratelli d’Italia), Alberto Russi (Grande Lecce) e Carmen Tessitore (Direzione Italia). Cinque consiglieri del fronte del «no» che, se fossero stati presenti, uniti agli altri 9 del centrodestra, che hanno votato contro, avrebbero mandato a casa già ieri Salvemini e i suoi. Un dettaglio politico non trascurabile, su cui il primo cittadino ora valuterà il da farsi, non escludendo appunto le dimissioni. Se così fosse, la città andrebbe a nuove elezioni in primavera.