«Ma davvero restiamo in Italia?». Scoppia l’euforia nel porto di Bari. Finalmente, dopo sette giorni, si dichiara chiusa l’emergenza albanesi nel capoluogo pugliese. «La Gazzetta del Mezzogiorno» annuncia: «i duemila albanesi asserragliati allo stadio “della Vittoria” e al porto resteranno in Italia. L’ha deciso il governo. I profughi sono stati già trasferiti in nove regioni: oltre trecento restano in Puglia. Una commissione verificherà la loro condizione: chi non è in regola con la legge-Martelli, sarà rimpatriato, Milano è pronta ad accoglierli, purché a spese dello Stato. E Bossi: mandateli al Quirinale!».
Rientra anche il caso Dalfino: dopo le pesantissime accuse rivolte dal capo dello Stato al Sindaco di Bari, definito “irresponsabile” e “cretino”, il ministro dell’Interno Scotti, incaricato da Cossiga di valutare il provvedimento di sospensione o rimozione dall’ufficio, afferma: «la questione è chiusa in perfetta sintonia tra il Sindaco e me».
Il giorno prima i cronisti della «Gazzetta» sono riusciti a entrare nell’impenetrabile molo foraneo del porto di Bari, dove per quasi una settimana si sono asserragliati i cosiddetti “irriducibili”, quei profughi che con in ogni modo hanno cercato di evitare il rimpatrio. «Finora nessun italiano e tantomeno le forze di polizia erano riusciti a penetrare in questo braccio di terra, lungo più o meno cinquecento metri, una specie di zona franca. Erano le 14, il sole picchiava maledettamente impietoso. La temperatura sfiorava i 40 gradi. Gli albanesi erano distrutti. Le privazioni alle quali si stanno sottoponendo, li hanno debilitati nel fisico e nel morale. “Noi non siamo mendicanti. Non vogliamo l’elemosina. Il nostro destino è segnato. Se dobbiamo crepare, preferiamo morire qui”. “Tu sei giornalista? Scrivi il nostro dramma”, imploravano». Liborio Lojacono intervista un uomo di trent’anni, laureato in filosofia: parla benissimo l’italiano, che ha imparato a scuola e guardando la nostra tv di Stato. Cosa cercano in Italia?: «Il lavoro, la scuola, voglio vivere come esseri civili», risponde Iledim. A sua volta, egli domanda: «Perché la vostra frontiera è chiusa per noi? Quando finì la guerra, in Albania i soldati tedeschi sparavano sui militari italiani e noi li nascondemmo. Un popolo di 2 milioni di abitanti riuscì a salvare 50mila italiani, ed ora 60 milioni di persone non riescono a salvare 2.300 albanesi. È una vergogna». E implora: «Italiani, aiutateci. Non fateci partire»: un appello disperato che, in ultimo, dopo giorni durissimi trascorsi in condizioni disumane, sarà ascoltato.