ROMA - È giallo sulla morte, secondo alcune fonti «una vera e propria esecuzione», di un cittadino italiano a bordo di uno yacht trovato abbandonato nel mare Egeo: l'uomo - Mauro Mari, 53 anni, originario di Brescia ma da circa 15 anni residente in Arabia Saudita, dove sembra gestisse barche per conto di un emiro - è stato trovato accoltellato. Sulla barca anche un'altra vittima, un filippino. Dell'assassino, ricercato dall'Interpol, nessuna traccia.
Lo yacht è stato trovato abbandonato in una piccola baia dell'isola di Tilos, nel Mare Egeo orientale, pochi chilometri a nord di Rodi. Il ritrovamento è avvenuto ieri (ma la morte risalirebbe a quattro-cinque giorni prima), dopo che un pescatore aveva avvertito la polizia della presenza di una grossa imbarcazione arenata nella baietta di Lethon. Saliti sulla barca - il «Gharib», 25 metri, battente bandiera saudita - gli agenti hanno trovato i cadaveri dei due uomini entrambi uccisi a coltellate ed avvolti in una coperta: uno sul ponte e l'altro all'interno dello yacht. Tutto intorno molto sangue e le tracce della lotta ingaggiata dalle vittime con l'assassino.
Questi potrebbe essere un altro filippino che, secondo i documenti di bordo, era uno dei membri dell'equipaggio del "Gharib" (di cui Mari era il comandante). Gli inquirenti ritengono che sia fuggito - pare dopo aver provocato una falla nello yacht per affondarlo - a bordo del "tender", il canotto gonfiabile di salvataggio che risulta mancante dalla dotazione della grossa barca.
Subito è scattata la caccia all'uomo. La Guardia Costiera e la Marina mercantile hanno perlustrato tutta la zona intorno all'isola, ma la ricerca si è concentrata in particolare nel breve tratto di mare che la separa dalla Turchia, da dove la barca sarebbe partita 5-6 giorni fa diretta a Rodi. Tramite l'Interpol è stata dunque attivata anche la polizia turca.
Ma quale è stato il movente del duplice omicidio? A questo riguardo circolano varie indiscrezioni. Gli inquirenti, si apprende, starebbero valutando la pista del regolamento di conti, dopo aver quasi del tutto escluso quelle del traffico di immigrati clandestini dalla Turchia alla Grecia (uno yacht del genere ne imbarca facilmente un centinaio a 3.000 dollari l'uno) o del traffico di armi e di droga. Del tutto cancellata, invece, l'ipotesi del terrorismo, avanzata in un primo momento quanto si era pensato che le due vittime fossero saudite.
I familiari di Mari, però, reagiscono con sdegno di fronte a queste voci. «Smentiamo categoricamente tutte le false notizie che si stanno dando sulla vita e sul lavoro di Mauro, che era solo un capitano e manager di yacht alle dipendenze di un emiro arabo. Non trafficava né in droga né in armi», dice Mario De Cecco, un suo amico di Anzio, la località del litorale laziale dove Mari si era trasferito da ragazzo. «Il viaggio che stava facendo - dice l'amico - era esclusivamente di lavoro e per questo motivo si era recato in Grecia per acquistare pezzi di ricambio per una imbarcazione».
Laura Mari, una delle tre sorelle, spiega che «era andato in Turchia per fare lavori di riparazione alla barca» e che «stava tornando indietro. Sua moglie mi ha detto che stava rientrando» a Gedda. Qui, in Arabia Saudita, Mauro Mari viveva con la seconda moglie e un figlio dodicenne, da circa 15 anni. Abile comandante nautico, sembra avesse trovato un importante ingaggio presso un emiro.
«Mauro era una persona tanto positiva che era ben vista da tutti, ha sempre aiutato tutti», racconta Laura. E un'altra sorella, Silvana, attacca: «È una cosa lurida, vogliamo sapere cosa è successo. Nostro fratello era una persona bravissima, stimato e apprezzato da tutti. Telefonicamente ci siamo sentiti due mesi fa ed era molto sereno, nulla lasciava pensare che sarebbe potuto accadere qualcosa del genere».
Sabato 27 Ottobre 2007, 22:57
06 Novembre 2024, 17:30