L’Italia si presenta alla 14ª edizione degli Stati Generali della Green Economy con una doppia fotografia: da un lato la conferma di una leadership europea nell’economia circolare, dall’altro le criticità di un percorso che richiede accelerazione, visione industriale e politiche di lungo periodo. È l’immagine che emerge dalla Relazione sullo Stato della Green Economy 2025, presentata ieri a Rimini in apertura di Ecomondo, il grande salone internazionale dedicato alla sostenibilità ambientale.
Nel suo messaggio inaugurale, il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin, ha ribadito che l’Italia «ha le carte in regola per essere nel gruppo di testa di un’Europa che guardi alla transizione in modo realistico e pragmatico». Ma la sfida – ha aggiunto – si gioca in un quadro internazionale segnato da instabilità geopolitiche, rincaro dei materiali e interruzioni delle catene globali. «Il nostro continente deve investire in innovazione, crescita sostenibile e sicurezza energetica. L’Italia delle imprese impegnate nella green economy è un esempio da seguire per l’economia del futuro».
I dati confermano il primato italiano. Il Paese importa il 46,6% dei materiali che utilizza, e questo rende strategica la capacità di riuso e recupero. Tra il 2020 e il 2024, la produttività delle risorse è cresciuta del 32%: da 3,6 a 4,7 euro per ogni chilo di materiale utilizzato. Il tasso di utilizzo circolare dei materiali ha raggiunto il 20,8%, il più alto tra le grandi economie europee. L’Italia ricicla l’86% dei rifiuti totali e il 75,6% degli imballaggi, un livello nettamente superiore alla media Ue. Ma lo studio mette in guardia da una fragilità inattesa: la crisi delle Materie Prime Seconde, in particolare il crollo dei prezzi della plastica riciclata, che rischia di compromettere gli sbocchi delle raccolte differenziate. Un nodo sul quale si gioca la tenuta economica della filiera circolare.
La transizione procede, ma a velocità irregolare. Le emissioni di gas serra calano troppo lentamente, mentre i consumi energetici di edilizia e trasporti tornano a crescere. Il Paese resta fortemente dipendente dalle importazioni energetiche e continua a consumare suolo: tra il 2022 e il 2023 sono stati impermeabilizzati 64,4 chilometri quadrati, circa 17,6 ettari al giorno. Un dato che incide direttamente sulla sicurezza idrogeologica in un contesto climatico sempre più estremo. L’Italia mantiene invece la leadership nelle rinnovabili, che nel 2024 hanno coperto il 49% della produzione elettrica nazionale. E cresce il peso delle città che sperimentano mobilità sostenibile, rigenerazione urbana, modelli di adattamento climatico. Ma il Paese resta anche quello con 701 auto ogni 1000 abitanti, il numero più alto in Europa.
A Ecomondo è forte la presenza del Mezzogiorno e in particolare della Pugliaa, che si presenta con 34 espositori e la Basilicata che si candida a diventare un laboratorio avanzato della transizione ecologica italiana. Tra i principali espositori la Cisa spa di Massafra che oggi ospiterà un talk sulla tutela ambientale ospitando la divulgatrice esperta del settore Licia Colò. Il dibatto sarà moderato dal direttore della gazzetta, Mimmo Mazza.
Tra i temi della giornata inaugurale anche un focus sull’agricoltura biologica che continua ad espandersi: nel 2024 le superfici certificate o in conversione hanno superato 2,5 milioni di ettari (+2,4% sul 2023; +81% rispetto al 2014). Sicilia, Puglia e Toscana concentrano il 38% della superficie bio nazionale, con il Mezzogiorno sempre più centrale nei nuovi modelli agroecologici.
Ma il settore paga il prezzo della crisi climatica: tra il 1980 e il 2023 i danni alle coltivazioni causati da eventi estremi sono stati stimati in 135 miliardi di euro, il valore più alto in Europa. Coinvolgere l’agricoltura nella transizione climatica – avverte la relazione – non è un’opzione, ma una necessità.
Al cuore del dibattito, la domanda posta da Edo Ronchi, presidente della Fondazione Sviluppo Sostenibile: conviene rallentare la transizione? La risposta è netta: «No. Senza il Pnrr l’economia italiana sarebbe stata in stagnazione o in recessione. La transizione verde ha contribuito a sostenere la crescta. E per un Paese al centro dell’hot-spot climatico del Mediterraneo, con temperature che aumentano il doppio rispetto alla media globale, la svolta energetica è di vitale importanza».
L’Italia resta dunque un laboratorio avanzato della green economy, grazie alle sue industrie, ai territori dinamici e alla forza delle filiere del riciclo. Ma la traiettoria va consolidata: politiche stabili, mercati regolati, investimenti sulla riduzione dei consumi e una governance che riesca a tenere insieme competitività, sostenibilità e coesione. La transizione ecologica, insomma, non è più un capitolo di programma: è già il terreno su cui si misura la tenuta economica del Paese.
















