Lettera al piccolo fratellino Cristian. Con annessa Vergogna (passate oltre se siete deboli di stomaco o troppo suscettibili).
Caro Cristian,
questa mattina durante la mia personale rassegna stampa mi sono imbattuto in una notizia che mai e poi mai avrei voluto leggere. E sembra che tu ne sia il protagonista. Anzi no. I protagonisti siamo noi. Quelli della chiesa. Quelli che avrebbero dovuto gioire per la tua presenza in mezzo a noi, che avrebbero dovuto ringraziarti e che invece si sono sentiti infastiditi.
Mi vergogno, piccolo fratello Cristian.
Perché non abbiamo fatto neppure caso al tuo bellissimo nome che da solo sarebbe bastato a ricordarci che avevamo in mezzo a noi Gesù stesso e invece non ce ne siamo accorti. Mi vergogno, piccolo fratellino, perché tu hai evidenziato quanto noi dei sacramenti non abbiamo capito nulla.
Tu ci hai ricordato che i Sacramenti sono semplicemente, unicamente, meravigliosamente un DONO mentre noi li abbiamo trasformati in trofei da raggiungere facendo a gara a chi è il più bravo.
Tu, meraviglioso amico speciale, ci hai detto con la tua bellissima vita che le celebrazioni dei sacramenti non sono dei palcoscenici dove esibire i nostri figli, tutti belli, pettinati, alla moda, con le mani giunte, perfetti, coinvolti e men che meno sono i traguardi finali di comunità che devono misurare la loro efficienza, la loro organizzazione, la loro capacità di griffare i sacramenti con i segni esplicativi personalizzati.
Grazie Cristian bellissimo, perché buttando a terra le candele ci hai posti dinanzi alla verità delle cose. Avresti dovuto continuare. Non solo le candele, ma anche i merletti e i fiori. Grazie per averci spettinato per averci ricordato che non saremo mai perfetti per essere degni di ricevere un dono così grande eppure Dio non disdegna di farsi pane e, dunque, compagno.
Ti abbiamo negato la gioia di condividerlo quel pane con i tuoi compagni negandoti la comunione, perché ci hai infastidito. Ma non è la comunione dell'ostia che ti abbiamo negato, ma quella con i tuoi amici, con la comunità. Ti abbiamo lasciato da solo, mentre gli altri, quelli «giusti» i «pettinati», con le mani giunte perfettamente allineate dicevano davanti ad un fotografo il loro amen pregustando già la gioia della festa e i regali supertecnologici che sarebbero arrivati da lì a qualche ora.
Ora però, noi che le pensiamo tutte, abbiamo pronto il risarcimento giusto: farti andare dal Papa. E così metteremo a tacere le nostre coscienze e magari da domenica prossima torneremo a rendere quegli altari i ring dove si sfidano i vestiti più belli, le acconciature più alla moda, e il calzino/non calzino più riuscito.
Perdonaci Cristian, se puoi. Aiutaci anche a ricordare che il significato della parola Sacramento è sì mistero, ma anche presenza. E noi davanti alla tua bellissima vita, così creativa e meravigliosamente provocante, non siamo riusciti a leggere né il Mistero di Dio, né tanto meno la Sua presenza che tu ci hai portato in modo così sconvolgente e vera, provando a nasconderla proponendoti di darti il sacramento in sacrestia lontano da occhi indiscreti per non lasciarci provocare troppo dalla tua presenza.
Sì, Cristian, perdonaci, perché non è stato solo il tuo parroco a negarti la gioia di un giorno bellissimo e indimenticabile, ma tutti noi che con le nostre scelte anti-eucaristiche ci ricopriamo di vergogna.
Un'ultima preghiera Cristian voglio affidarti. Tu che prima di noi hai capito davvero come è fatto Dio, prova a non dimenticarlo mai e ricordaci, con i tuoi modi e il tuo linguaggio, quanto siamo lontani noi dal conoscerlo anche se siamo teologi, credenti praticanti e osservanti zelanti della sacra liturgia. Pensa un po’ che in questi ultimi giorni ci siamo indignati perché il Papa si è innervosito di fronte ad una signora che ha presentato il suo cane come il «suo bambino» ma proprio non ce la facciamo ad indignarci di fronte al fatto che ti abbiamo rifiutato l'incontro con Gesù anche se tu ne avevi nemmeno bisogno.
Perdonaci davvero, Cristian e chiedi scusa anche ai tuoi genitori che si saranno sentiti giudicati e avviliti senza aver nessuna colpa se non quella di amarti alla follia. Alla tua mamma un pensiero speciale, perché nel giorno della sua festa, tu l'hai resa fiera di averti come dono immenso. Quanto a noi, proveremo, te lo prometto, ad aggiungere accanto ai nostri nomi il tuo, sperando di esserne sempre meno indegni di poterci dire cristiani.