L'Istat ha reso noti i dati dell'inflazione di ottobre delle regioni e dei capoluoghi di regione e comuni con più di 150 mila abitanti, in base ai quali l'Unione nazionale consumatori ha stilato la classifica delle città e delle regioni più care d'Italia, in termini di aumento del costo della vita.
In testa alla classifica delle regioni più «costose», spunta il Trentino con un'inflazione annua a +11,9%. Segue l’Emilia Romagna, dove la crescita dei prezzi del 12,5% implica un'impennata del costo della vita pari a 2973 euro, terza l'Umbria, +12,7%, con un rincaro annuo di 2869 euro. La regione più risparmiosa è il Basilicata, +9,3%, pari a 1801 euro, seguita dalla Puglia (+12,2%, +1975 euro).
Il Codacons ha invece stilato la classifica delle regioni dove i prezzi al dettaglio ad ottobre hanno registrato gli aumenti più pesanti. «Un incremento quello dei listini che ha effetti diversi sulle famiglie, a seconda della regione di residenza», ha spiegato il Codacons. «La spesa annua per consumi dei nuclei residenti, infatti, è fortemente diversificata sul territorio, con le famiglie del nord che spendono di più rispetto a quelle che vivono nel Mezzogiorno.
Questo significa che il tasso di inflazione ha effetti differenti sulle tasche dei consumatori. Considerata la crescita dei prezzi registrata dall’Istat ad ottobre nelle varie regioni, e senza considerare possibili tagli dei consumi da parte delle famiglie, il Codacons ha elaborato la classifica delle regioni italiane dove i listini al dettaglio crescono di più, e i conseguenti effetti sulla spesa dei nuclei residenti.
In Puglia, con una inflazione del 12,2%, ogni famiglia avrà una maggiore spesa annua di +2.922 euro. In Basilicata, a fronte di una inflazione del 9,3%, la maggiore spesa annua calcolata è pari a +2.235 euro.
L’Istat ha lievemente ritoccato al ribasso le sue stime preliminari dell’inflazione di ottobre, rivista dal +11,9% al +11,8%; ma il dato resta sempre sui massimi dal 1984, confermando un balzo di quasi 3 punti percentuale rispetto al mese precedente mai verificatosi dal 1954, cioè da quando esiste la serie storica dei dati Istat sull’inflazione.
Nei dati definitivi sull’inflazione, l’indice nazionale dei prezzi al consumo per l’intera collettività (NIC), al lordo dei tabacchi, ha registrato un aumento del 3,4% su base mensile e dell’11,8% su base annua (da +8,9% del mese precedente). La stima preliminare di ottobre era +11,9% su base annua e +3,5% su base mensile.
L’inflazione acquisita per il 2022 si conferma pari a +8,0% per l’indice generale e a +3,7% per la componente di fondo. «È necessario risalire a marzo 1984 (quando fu +11,9%) per una variazione tendenziale dell’indice generale NIC superiore a +11,8%» commenta l’Istat
Lievemente ritoccate al ribasso anche le prime stime sui prezzi del cosiddetto carrello della spesa di ottobre che restano comunque su livelli record mai registrati dall’83. A ottobre, beni alimentari, per la cura della casa e della persona sono aumentati da +10,9% a +12,6% (+12,7% precedente stima) e quelli dei prodotti ad alta frequenza d’acquisto da +8,4% a +8,9%.
L’indice nazionale dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati (FOI), al netto dei tabacchi, registra un aumento del 3,3% su base mensile e dell’11,5% su base annua.
Anche ad ottobre, la forte accelerazione dell’inflazione su base tendenziale si deve soprattutto ai prezzi dei beni energetici, la cui crescita fa un balzo di oltre 26 punti percentuali passando da +44,5% di settembre a +71,1%, i beni energetici non regolamentati e transati nel libero mercato scontano il balzo più forte passando dal 41,2% al 79,4%, forte anche il balzo dei beni transato nel mercato regolamentato passati da +47,7% a +51,6%. Spingono l’inflazione, benché significativamente meno degli energetici, anche i prezzi dei beni alimentari (da +11,4% a +13,1%), sia lavorati (da +11,4% a +13,3%) sia non lavorati (da +11,0% a +12,9%), e degli altri beni (da +4,0% a +4,6%). Rallentano invece i prezzi dei servizi ricreativi, culturali e per la cura della persona (da +5,7% di settembre a +5,2%). Secondo le elaborazioni dell’Unione Nazionale dei Consumatori, la città più cara è Ravenna, seguita da Bologna, Bolzano e Milano. Mentre le città dove il caro prezzi morde meno è Aosta.