Il barlettano Antonio Bernardini, dal gennaio 2020, è il Rappresentante Permanente italiano presso le organizzazioni internazionali a Parigi. Il suo incarico comprende l’Ocse-Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, l’ESA-Ente Spaziale Europeo e l’Eutelsat Igo (Organizzazione Europea per le Telecomunicazioni Via Satellite), la Nuclear energy agency, il Forum dei trasporti internazionali, il Centre International de Hautes études agronomiques méditerranéennes-Ciheam che ha una sede a Bari e altri, per un totale di 14 organizzazioni internazionali.
Ambasciatore, in conseguenza dell’invasione dell’Ucraina, l’Ocse ha sospeso Russia e Bielorussia e ora ha chiuso l’adesione di Mosca.
«Circa dieci anni fa, la riunione ministeriale Ocse aveva invitato la Russia a farne parte. Passano 10 anni e della Russia non c’è più traccia, con la prima battuta d’arresto, nel 2014, a causa della crisi di Crimea. Cito questo dato perché, in un periodo di tempo tutto sommato limitato, si è passati da uno scenario di integrazione a uno di rottura totale. E ci sono due organizzazioni fortemente coinvolte. Innanzitutto l’Agenzia internazionale dell’energia è alle prese con il problema della sicurezza energetica, che è sempre stato il suo mandato».
Parliamo di petrolio e gas soprattutto?
«Sì. Per il petrolio è stato deciso il rilascio di una quota di riserva strategica fino al 4% e, quindi, c’è ancora un grosso potenziale. Circa il gas, è stato formulato un piano in 10 punti teso a garantire, tra l’altro, che si possa affrontare il prossimo inverno. Sotto il profilo economico, l’Ocse si sta occupando della crisi e del suo impatto sui Paesi membri. I governi stanno capendo quali politiche adottare di fronte a questo nuovo shock delle economie».
C’è pure l’Agenzia spaziale russa Roscosmos che ha detto che le sanzioni possono causare la caduta della Stazione spaziale internazionale.
«C’era una collaborazione storica con i russi, ma ora si scoprono delle fragilità e una conflittualità che non si era vista prima e che pone di fronte a tutti noi il tema della indipendenza strategica. Perché se siamo amici bene ma, se davanti a una controversia, non mando più i Galileo (Roscosmos avrebbe messo fuori servizio i lanciatori Soyuz che avrebbero dovuto partire dalla base europea di Kourou per portare in orbita i satelliti europei Galileo; ndr) allora devo farmi delle domande. Non possiamo permetterci di non lanciare i satelliti per controversie di questa natura».
Si va verso una autonomia a 360 gradi?
«Nella parte energetica l’Europa si è trovata di fronte a uno shock simile a quello degli anni Settanta, seppure in condizioni differenti. Non è una novità, ma essere indipendenti da un punto di vista energetico diventa una strada maestra e che rafforza la strada intrapresa dalla Ue e che assomma indipendenza energetica a dimensione climatica. Si accelerano alcune tendenze. Dobbiamo pensare a sistemi resilienti, perché le nostre società non possono dipendere da realtà che spesso hanno dimensioni antagoniste».
Dalla “sua” Puglia arriva il Tap e c’è l’ipotesi del gasdotto Eastmed-Poseidon a Otranto. È questa la via?
«Si è anche ipotizzato l’allungamento della vita delle centrali nucleari, c’è chi parla di carbone. Un gasdotto non si costruisce in un giorno. Certamente la diversificazione è una maniera per garantire l’autonoma. Il problema però è che la costruzione di un gasdotto non ci deve far perder di vista il fatto che la direzione è di liberarci dalle fonti fossili. Quindi il gasdotto sì, ma allora forse è meglio un rigassificatore. Abbiamo innanzitutto l’esigenza di essere a posto per il prossimo inverno, abbiamo un problema nel breve. Poi abbiamo bisogno di capire come poter raggiungere l’indipendenza energetica e, quindi diversificazione tra fonti tradizionali e rinnovabili. L’Italia quest’anno presiede la riunione ministeriale dell’Ocse. Ci dedicheremo a discutere della situazione economica e dell’impatto di questa crisi ma pensando alle sfide intergenerazionali. L’obiettivo è discutere il problema dei giovani e del cambiamento climatico».
San Nicola, la Chiesa Russa di Bari donata - via Cremlino - al Patriarcato di Mosca, rapporti antichi, la Puglia è sotto shock per questa invasione.
«Ci eravamo fatti un’idea romantica. Avevamo visto grosse potenzialità e, forse, non abbiamo visto l’altra faccia della medaglia. La Puglia ha sempre avuto una grossa volontà di espandersi ma ha avuto anche cocenti delusioni, forse questa è una spinta a conoscere meglio la realtà».

La Chiesa Russa a Bari
L'ambasciatore: «Per l’energia uno shock come negli anni Settanta. Gasdotti? Forse è meglio rigassificatori»
Martedì 15 Marzo 2022, 15:16