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Bari, il testimone che inguaia i 2 avvocati: «Così organizzarono il complotto»

 
Massimiliano Scagliarini

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Massimiliano Scagliarini

Bari, il testimone che inguaia i 2 avvocati: «Così organizzarono il complotto»

La droga in macchina per incastrare l'amante della moglie di Filograno. L'accusa: «Loprieno procurò la cocaina»

Martedì 12 Settembre 2023, 06:00

13 Settembre 2023, 18:56

BARI - Il testimone che potrebbe incastrare gli avvocati Gaetano Filograno e Nicola Loprieno, accusati di detenzione s paccio di droga per aver organizzato un complotto ai danni dell’amante della moglie del primo, è un signore che si chiama Nicola Piperis. Non uno stinco di santo, per quanto all’epoca dei fatti fosse incensurato. Ma è intorno alle sue parole che è stata costruita l’accusa della Procura di Bari, secondo cui i due avvocati (insieme a una terza persona rimasta ignota) avrebbero fatto in modo di far ritrovare 26 grammi di cocaina nella Smart di un imprenditore della provincia residente a Bari. L’uomo nel 2014 venne arrestato in flagranza dalla Finanza, salvo poi essere assolto con formula piena quando tre anni dopo, davanti al giudice, venne fuori che la storia della droga in macchina non stava in piedi.

Ieri, davanti al gup Antonella Cafagna, i pm Savina Toscani e Claudio Pinto non hanno prestato il consenso al patteggiamento chiesto dal terzo imputato, l’ex finanziere Enzo Cipolla, 55 anni, che proponeva di chiudere con due anni per tentata corruzione in atti giudiziari (avrebbe chiesto 15mila euro all’imprenditore per aiutarlo a salvarsi), in continuazione con una precedente condanna riportata nel 2018 per concussione. Il suo difensore (avvocato Salvatore Campanelli) ha dunque chiesto il giudizio abbreviato, preannunciando che l’ex militare renderà dichiarazioni. L’udienza è stata rinviata al 25 settembre, quando verrà discusso anche l’abbreviato chiesto da Filograno.

Il perno dell’indagine, dunque, sono le dichiarazioni di Piperis, che a settembre 2020 si è presentato spontaneamente davanti ai pm per dare la sua versione dei fatti sul complotto ai danni dell’allora amante della moglie di Filograno. L’uomo si è definito un vecchio amico di Loprieno («Trent’anni sempre con lui, come fratelli») e ha raccontato che qualche volta era intervenuto su sua richiesta per ritrovare auto e moto rubate ad altri avvocati, mentre ha spiegato che Filograno era cliente del garage che ha gestito fino al 2009. «Allora - ha messo a verbale Piperis - Filograno si lamentava con Loprieno, erano amici e stavo io sempre presente, che io con Loprieno vivevo di questa situazione della moglie, che voleva far del male all’[imprenditore]. Aveva chiesto di ucciderlo, ma io rifiutai. Lui mi prometteva la sistemazione, io ero un disoccupato, stavo in cerca di lavoro e roba varia, mi offrì 50mila euro e il posto di lavoro perché lui stava anche in politica, con i Cinque Stelle stava all’epoca».

Proposta che Piperis dice di aver sempre rifiutato: «Non contento [Filograno] disse a Loprieno: “Tu devi trovare una soluzione che questo qua deve passare i guai, questo qua lo odio, deve morire”. E organizzarono loro, io in quella situazione oramai uscii da fuori, non ne volevo sapere niente. Loro organizzarono tutto il pacchetto che gli hanno organizzato al signor [...] che gli hanno messo la droga in macchina e l’hanno fatto arrestare il giorno dopo». «E chi l’ha messa questa droga in macchina?»-, gli chiede il pm Pinto. «Di questa cosa si è occupato il Loprieno, l’avvocato che ha dato la notizia al maresciallo». Il maresciallo è un altro finanziere (tuttora in servizio e non coinvolto in alcun modo dall’indagine) che, secondo la versione di Piperis, avrebbe raccolto l’imbeccata sull’imprenditore-spacciatore passandola poi ai colleghi che hanno eseguito l’arresto (il capopattuglia Cipolla e un altro militare anche lui estraneo). Una volta venuta fuori la bufala, il maresciallo sarebbe stato indotto a dare la colpa a Piperis. L’uomo, impaurito, si sarebbe deciso a vuotare il sacco dopo aver scoperto l’esistenza di una indagine per stalking (poi archiviata) in cui era stato coinvolto sia Filograno che (per errore) il cugino omonimo di Piperis, in passato esponente dei clan baresi.

Piperis dice di essere stato uomo di fiducia dei due avvocati («In quel periodo stavamo sotto le votazioni, non queste, quelle del 2014, io quei giorni li passavo sempre con loro per la campagna elettorale, ci muovevamo per questo. Filograno era candidato sindaco e poi per le denunce che ha preso non ha fatto più niente»), con cui ha litigato dopo aver rifiutato la proposta di commettere un omicidio. Un racconto certamente non privo di contraddizioni, anche considerando che - secondo la denuncia della vittima del complotto (assistita dagli avvocati Maurizio Tolentino e Michele Laforgia) - sarebbe stato proprio il garagista ad avvertire Filograno degli incontri tra la moglie (oggi ex) e l’imprenditore. Ma lui nega la circostanza («Non ho fatto niente di quello che dice la signora») e racconta di aver anche detto a Loprieno di non assecondare il collega arrabbiato: «Io avvisai il Loprieno, “Lascialo stare, mollalo che questo ci fa passare i guai, ci fa trovare in mezzo”».

Piperis non sa spiegare esattamente in che modo la droga sarebbe finita nell’auto dell’imprenditore («Non c’ho le prove»), né come sarebbe stata procurata: «Io la droga l’ho vista anche - dice però ai pm - , Loprieno se l’è procurata questa cosa. Però non mi interessava perché io ormai ero uscito da fuori alla situazione». E poi aggiunge che, una volta venuta fuori la verità, Loprieno sarebbe andato da lui per chiedergli di prendersi tutta la colpa: «È venuto a casa, mi ha voluto dare 20mila euro, ha detto “Tieni, tu hai bisogno di soldi, sei disperato, non stai bene”. Ma io non li ho mai presi». Loprieno (difeso dall’avvocato Pino Giulitto) ha negato qualunque coinvolgimento, motivando le accuse mosse da Piperis con il suo risentimento per la condanna a quattro anni riportata a seguito di un arresto per estorsione.

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