Roma, 21 nov. (Adnkronos Salute) - "Le infezioni correlate all'assistenza - negli ospedali, nelle Rsa e nelle comunità - rappresentano oggi una delle principali sfide per il sistema sanitario. Il loro monitoraggio è un driver fondamentale per garantire sicurezza e qualità delle cure. Ciò richiede l'implementazione rigorosa di protocolli di prevenzione e un forte sostegno ai programmi aziendali dedicati al controllo dell'uso appropriato degli antibiotici, soprattutto nelle strutture assistenziali. Un ruolo centrale in questo ambito è svolto dagli igienisti. Oltre a guidare le strategie di prevenzione delle infezioni, sono in prima linea nella promozione delle vaccinazioni che rappresentano uno dei pilastri nel contrasto ai microrganismi resistenti e nella riduzione della pressione selettiva che favorisce l'antimicrobico-resistenza". Così Paolo Giuseppino Castiglia, professore ordinario di Igiene generale e applicata all'università di Sassari, coordinatore gruppo Vaccini e politiche vaccinali della Siti - Società italiana di igiene, spiega l'importanza della Settimana dell'antimicrobico resistenza (Amr), in calendario dal 18 al 24 novembre: "Un appuntamento cruciale", sottolinea l'esperto, che "serve a richiamare l'attenzione di operatori sanitari, istituzioni e cittadini sulla necessità di rafforzare comportamenti responsabili nell'uso degli antibiotici e di sostenere tutte le strategie utili a contrastare le resistenze batteriche".
"La consapevolezza sull'antimicrobico resistenza rappresenta oggi una priorità assoluta di sanità pubblica - osserva Castiglia - Siamo infatti di fronte a una delle maggiori minacce per la salute a livello globale, non solo in Italia. I dati sono eloquenti: in Europa si registrano oltre 35mila decessi attribuibili a infezioni da batteri multi-drug resistant (Mdr), mentre nel mondo le morti correlate superano 1,3 milioni. Un impatto sanitario ed economico enorme. Nonostante in Italia si osservi un trend di miglioramento, anche grazie alle ultime misure messe in campo - evidenzia - il nostro Paese rimane ancora indietro rispetto ad altri contesti europei. Deteniamo, ad esempio, livelli particolarmente elevati di resistenza in alcuni batteri - come Klebsiella pneumoniae e Acinetobacter - e registriamo tassi di mortalità elevati legati alle infezioni resistenti. A questo si aggiunge un consumo di antibiotici ancora superiore alla media europea, sia in ambito ospedaliero che territoriale".
Oltre a promuovere la vaccinazione, per ridurre l'impatto dell'Amr "gli igienisti si occupano anche della comunicazione sanitaria, favorendo una corretta informazione ai cittadini - continua l'igienista - e partecipano attivamente alla definizione e all'attuazione dei piani strategici nazionali. Dal Piano nazionale di prevenzione vaccinale" Pnpv, "fino al Piano nazionale di contrasto dell'antimicrobico resistenza, il loro contributo è fondamentale per coordinare i diversi attori coinvolti, inclusi quelli riuniti nel modello One Health, e per garantire un'azione efficace all’interno dei dipartimenti di prevenzione".
A tale proposito, recentemente è stata pubblicata una review su 'Vaccines', di cui Castiglia è coautore, che analizza un decennio di applicazione del calendario vaccinale, valutando in particolare la capacità dei vaccini di ridurre l'uso degli antibiotici. Si evidenziano due effetti: uno è diretto e l'altro indiretto. Il primo è legato al fatto che, "prevenendo l'infezione da parte di specifici microrganismi, i vaccini impediscono la necessità di ricorrere agli antibiotici: se non c'è infezione, non c'è trattamento antibiotico - precisa l'esperto - Alcuni vaccini, inoltre, sono progettati per colpire in modo mirato i sierotipi più frequentemente associati a resistenze. Un esempio è il vaccino antipneumococcico, che include sierotipi noti per la loro capacità di sviluppare resistenza, come il 19A, resistente alla penicillina. La ricerca si sta muovendo proprio in questa direzione: sviluppare vaccini mirati contro ceppi batterici particolarmente resistenti, così da ridurre ulteriormente la pressione selettiva". L'effetto indiretto, prosegue Castiglia, è "altrettanto rilevante e riguarda i vaccini contro le infezioni virali. Gli antibiotici non sono efficaci contro i virus, ma nella pratica clinica vengono spesso prescritti in modo inappropriato in presenza di febbre o sintomi persistenti, per ragioni prudenziali o medico-legali. Vaccini come l'antinfluenzale, l’anti-Covid o quelli di nuova generazione riducono il numero di infezioni virali e, di conseguenza, limitano questo uso improprio di antibiotici, che rappresenta uno dei fattori che alimentano l'Amr".
Nell'analisi sono stati considerati diversi vaccini, tra cui quelli antinfluenzale, antipneumococcico, anti-rotavirus, antivaricella e anti-Rsv. In particolare, "il virus respiratorio sinciziale (Rsv) non è solo responsabile delle bronchioliti nel neonato e nel bambino piccolo con possibili esiti a distanza come l'asma, e dunque con un impatto rilevante sulla sanità pubblica pediatrica - puntualizza lo specialista - Oggi sappiamo che l'Rsv ha un ruolo importante anche nell'adulto, in particolare nell'anziano e nelle fasce di età più fragili, dove può determinare quadri clinici severi e un significativo carico assistenziale". Anche per questo l'auspicio è che il vaccino anti-Rsv venga inserito nel Pnpv. Per Castiglia "ci sono motivazioni etiche, di equità e di efficienza sanitaria: una copertura uniforme consente non solo un impatto clinico più rilevante e misurabile, ma permette anche di valutare la costo-efficacia dell'investimento preventivo. Raggiungere obiettivi chiari e monitorati significa poter verificare se una strategia sta funzionando, aggiornare le politiche sulla base dei dati e usare responsabilmente le risorse. Lasciare che tutto avvenga spontaneamente, senza un quadro nazionale - conclude - rischia invece di generare diseguaglianze, inefficienze e sprechi".















