Sabato 06 Settembre 2025 | 02:58

Gianni Amelio, meridionalista poetico

 
Anton Giulio Mancino

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Anton Giulio Mancino

Gianni Amelio, meridionalista poetico

I film come monito sociale

Lunedì 16 Giugno 2025, 06:05

Ecco Giacinto Spagnoletti nel 1959 coniugare l’espressione “verità rimproverata” per Alfonso Gatto: «Fra i poeti della sua generazione, egli è quello che con grazia più durevole è riuscito a liberare i motivi interiori dalla loro vernice patetica, perché acquistassero un sapore di verità rimproverata, cogliendo al vivo la parte di sé stesso che via via rispondeva all’ansia del tempo con maggior dolore e rancore».

Scambiando i “poeti” con i “cineasti”, è facile sottoscrivere parola per parola il ritratto di Spagnoletti su Gatto nella prassi di Amelio, meridionalista ulteriore del mondo intero, dall’area balcanica alle regioni a sud dello stivale […]. Dopotutto Gatto stesso con il cinema c’entra, entrato dalla porta principale di quello d’autore recitando e portando in dote la sua fisica “verità rimproverata” al cast de Il vangelo secondo Matteo (1964) di Pier Paolo Pasolini e di Cadaveri eccellenti (1976) di Francesco Rosi: due titoli che non potevano mancare nel secondo compendio di Amelio, Un film che si chiama desiderio (2010), a integrazione di quelli recensiti nel precedente Il vizio del cinema (2004). Il nesso tra critica filmica e film critici risiede quindi negli articoli “Pasolini sulla croce” e “Sciascia in piccionaia”, quest’ultimo con automatico rimando a Porte aperte (1990) o già a I ragazzi di via Panisperna (1988). […] 

Anche Poveri noi (1999), inaugurato dal capitolo “Arriva la televisione”, costruisce un testa a testa tra l’Amelio televisivo ad ampio spettro e la televisione inscenata ed esibita da attori involontari di sé stessi, come la ragazza che cita quale unica star cinematografica conosciuta il cantante Luciano Taglioli; tutte gemme dove il piccolo schermo si autocita macinando farina cinematografica e che Amelio non si fa sfuggire incamerandole nel suo montaggio ex novo. La Torino prevalente, assieme alle altre città settentrionali degli immigrati desunta dalle teche tele-filmiche in Poveri noi entra in competizione con lo spazio urbano designato in Così ridevano (1998). I tasselli dal titolo “La lingua”, “Soldati” e “Verso il nord” contemperano perciò i morti della tragedia di Marcinelle in Belgio; il lardo dell’animale ucciso che può durare fino a due o tre anni, mangiandone poco per volta; la giungla di Via Veneto da una parte e dall’altra le comparsate fatte per necessità dalle ragazze meridionali nel peplum a basso budget Maciste contro lo sceicco (1962) di Domenico Paolella, che di certo non valgono un posto fisso in ufficio o come commessa o come tabacchiera (qualunque cosa – dicono - fuorché il cinematografo poco sicuro e redditizio); i pregiudizi della popolazione svizzera verso gli italiani che per un meccanismo ignobile di paradossi temporali sono tali e quali a quelli degli italiani odierni nei confronti degli extracomunitari balcanici e africani. La testa di ponte con Lamerica (1994) e Passatempo (2019), una volta gettata, investe qualsivoglia diramazione, con effetto anticipato o ritardato, non fa differenza in un insieme compatto.

C’è tanta povertà tra le pieghe di ogni film concepito da Amelio con destinazioni sparpagliate e obiettivi unificanti; non solo quella di Poveri noi che si congeda dallo spettatore con bambini nudi, issati, esposti durante le feste. Visti questi corpi in vendita, il titolo medesimo del film giunge a suggello come un ammonimento. 

Persino i terremoti nel perpetuo incrocio filmografico raddoppiano, da La terra è fatta così (2000) a Casa d’altri (2017), con le immagini a colori attuali che se la battono con quelle recepite dall’epoca dei fatti. Dopotutto il lungo pianosequenza in retrocessione è estenuante, sintomo inequivocabile che Casa d’altri formalizza come bisogno costante di cercare nel passato i segnali premonitori del presente/futuro: solo riavvolgendo il nastro della memoria di questo film è dato dipanare quello dell’onda lunga di scosse polisemiche che dalla terra irpina di La terra è fatta così si propagano alla corruzione e agli incidenti costituzionali tra il presidente della Repubblica e la Democrazia Cristiana al governo, e investono al giorno d’oggi piazze spopolate di bambini, quale netta prefigurazione di un’Apocalisse contemporanea.

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