di GIOVANNI RIVELLI
Riaprite le indagini per valutare la scomparsa di Gaetano Sessa (il 43enne di Pagani in provincia di Salerno ricoverato nell’Istituto dei Padri Trinitari di Venosa di cui non si ha più alcuna notizia dal 5 luglio del 2013) alla luce delle ultime notizie s quanto accadeva nella struttura.
È l’istanza avanzata ieri mattina dai familiari dello scomparso al Procuratore Generale presso la Corte d’Appello di Potenza e al Procuratore presso il tribunale per mezzo degli avvocati Gerardo Striano e Miriam Rossi.
Per quella scomparsa sono a giudizio 5 persone, che rispondono di concorso in abbandono di persone incapaci, perché accusate in sostanza di non aver vigilato e predisposto le necessarie misure per evitare l’allontanamento e tra queste anche alcuni degli indagati nella vicenda dei maltrattamenti deflagrata lunedì mattina, vale a dire padre Angelo Cipollone, direttore della struttura, il neuropsichiatra Michele Germano e il coordinatore degli operatori Gerardo Antonio Pepe e tre di questi, Davide Brescia e Antonio Laraia (questi ultimi due non coinvolti dall’ultima indagine) e proprio ieri doveva celebrarsi un’udienza del processo saltata per il contemporaneo svolgimento degli interrogatori di garanzia.
Ma ora i familiari hanno chiesto di «proseguire o riaprire le indagini di polizia giudiziaria allo scopo di accertare eventuali e più gravi reati a carico degli imputati» motivando la richiesta proprio con le «notizie apprese da organi di stampa e da tv nazionali in merito ai fatti di cronaca che hanno visto coinvolti nelle ultime ore il legale rappresentante dell’Istituto psicopedagogico “Ada Ceschin Pilone” di Venosa e altri dipendenti della struttura».
Quell’allontanamento, almeno fino ad oggi, è rimasto un mistero tanto nella sua dinamica quanto nelle sue motivazioni. Una sparizione che sarebbe avvenuta di sera, intorno alle 20.30, e senza lasciare traccia. Gaetano sarebbe stato visto l’ultima volta davanti al portone d’ingresso del centro, mentre fumava una sigaretta, vestito con una maglietta a maniche corte bianca con fascia centrale, un pantalone beige e delle scarpe da ginnastica. Lui, si seppe successivamente, non si era mai allontanato volontariamente nemmeno dalla sua famiglia e la questione, anche per questo, fece molto pensare lasciando aperte anche le porte di un omicidio o un incidente oltre a quella, scontata, dell’allontanamento volontario. E ora i familiari chiedono ai magistrati di riprendere in mano quel fascicolo.
L'ISTITUTO: LA GESTIONE CORRETTA - «Padre Angelo Cipollone ha impiegato la propria intera vita a servizio della disabilità e dell’emarginazione». Lo ha detto l’avvocato Fabio Viglione, legale di padre Cipollone - coinvolto nell’inchiesta su presunti maltrattamenti nell’istituto di riabilitazione dei Padri Trinitari a Venosa (Potenza) e Bernalda (Matera), che ha portato lunedì scorso otto persone agli arresti domiciliari - esprimendo poi «fiducia nell’accertamento della magistratura, che non potrà che verificare l’assoluta correttezza della gestione dell’Istituto».
«Sin dagli anni Settanta - ha aggiunto Viglione - ha portato avanti, con amore, dedizione e spirito di sacrificio, il proprio progetto esistenziale, promuovendo una reale e feconda integrazione all’interno della comunità. Non si può che guardare con la massima fiducia a quella che sarà la verifica reale dei fatti, che riscontrerà la massima correttezza e limpidezza della sua opera di servizio».