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Anche un tarantino
dietro la mano bionica

 
ing. Silvestro Micera

ing. Silvestro Micera

L'ingegnere Silvestro Micera è il capo dell'equipe che ha sviluppato la protesi impiantata ad un'italiana

Venerdì 05 Gennaio 2018, 10:15

di FABIO DI TODARO

I primi diciotto anni di vita li ha vissuti a Taranto: tra Talsano e il liceo scientifico «Battaglini», i luoghi della formazione umana e professionale. Il resto - 27 primavere, visto che oggi il totale fa 45 - a Pisa. È nella città della Torre Pendente che Silvestro Micera, responsabile del laboratorio di ricerca di ingegneria neurale traslazionale e ordinario di bioingegneria alla scuola superiore Sant’Anna, è divenuto protagonista della ricerca biomedica europea. Il suo nome è tornato in copertina con la prima mano bionica impiantata su una paziente italiana, notizia che nelle scorse ore ha dato anche la «Bbc». L’intervento è stato effettuato al policlinico Gemelli di Roma: luogo scelto per la sperimentazione sul campo del supporto hi-tech. Ma alla mano bionica, in attesa dell’impianto definitivo, non si sarebbe arrivati senza il contributo dell’ingegnere tarantino. «L’obiettivo è ripristinare la connessione bidirezionale tra la protesi di una mano e il sistema nervoso», racconta lo scienziato, alla cui scuola s’è formato pure un altro prodotto locale: il fisico manduriano Marco Capogrosso, che oggi lavora all’Università di Friburgo, dove si occupa del recupero dalle lesioni del midollo spinale.

Servirà del tempo per perfezionare l’opera, ma la strada imboccata è quella giusta. L’impianto del modello definitivo della mano bionica sul braccio sinistro di Almerina Mascarello, 55 anni, operata per sostituire l’estremità persa a seguito di un incidente stradale più di vent’anni fa, è previsto per maggio. «Allora potrò dire che la mia vita è cambiata completamente», dichiara la donna, che nei sei mesi di sperimentazione ha potuto comunque già riscontrare come la protesi messa a punto dal gruppo coordinato da Micera sia in grado di imitare in dimensioni e peso la mano naturale e percepire la consistenza, la forma e la durezza degli oggetti manipolati. La mano bionico, messa alla prova, è risultata perfettamente integrata nel sistema nervoso: al punto da poter essere manovrata e da informare il cervello circa tutte le sensazioni provate. Questi risultati aprono la strada al futuro della neuroprotesica sull’uomo. Micera, con questo passo, ha raggiunto «quello che era l’obiettivo prefissato già durante il dottorato di ricerca, diciotto anni fa». Ovvero: ottenere la reazione sensoriale, che permette di stabilire una connessione bidirezionale tra la mano e il cervello. Il tutto grazie a un software prima più ingombrante e oggi contenuto in uno zainetto: nient’altro che uno step intermedio. «Dobbiamo miniaturizzare l’elettronica, per una maggiore compatibilità con la vita quotidiana», chiosa lo scienziato. Per i pazienti amputati, però, il risultato è già incoraggiante.

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