PALERMO - E’ morto solo, nel letto d’ospedale a Parma in cui, da giorni ormai, giaceva in coma. Malato da tempo gli sarebbe stato fatale l’ultimo intervento chirurgico. Ottantasette anni e un giorno, ieri era stato il suo compleanno, se ne va così Totò Riina, il padrino delle stragi. I familiari, autorizzati ieri dal ministro della Giustizia a un colloquio straordinario, non sono arrivati in tempo.
Probabilmente domani la moglie e la figlia minore, Lucia, che fino a questa sera non avevano lasciato Corleone, andranno all’obitorio in attesa del nulla-osta alla sepoltura da parte della Procura che ha disposto l’autopsia sulla salma dell’anziano capomafia. Sul decesso è stato aperto un fascicolo per omicidio colposo, escamotage evidente per consentire gli accertamenti medico-legali. Sarebbe un modo per evitare dietrologie e sospetti su una vicenda chiara.
Con Totò U Curtu, così era soprannominato per la sua statura, si chiude un’era della storia di Cosa nostra, l’epoca dei morti, delle bombe, del tritolo. Una lunga scia di sangue, dopo un’escalation ai vertici della mafia fatta di nemici ammazzati e attentati, culminata nelle stragi del '92 e del '93. Ventisei condanne all’ergastolo, chiuso in un silenzio interrotto, davanti ai giudici, solo dall’ostinata negazione dell’esistenza di Cosa nostra, Riina non ha mai mostrato segni di pentimento. "Per questo non lo perdono» dice Maria Falcone, sorella del magistrato assassinato a Capaci. «Non gioisco della sua morte, ma la mia religione mi insegna a perdonare chi si redime e lui non l’ha fatto», spiega ricordando intercettazioni recenti in cui il capomafia rideva, raccontando di aver fatto fare a Falcone «la fine del tonno».
E sulla stessa linea è la Cei: «Un funerale pubblico non è pensabile. Ricordo la scomunica del Papa ai mafiosi, la condanna della Chiesa italiana che su questo fenomeno ha una posizione inequivocabile. La Chiesa non si sostituisce al giudizio di Dio ma non possiamo confondere le coscienze», dice il portavoce, don Ivan Maffeis.
Sul silenzio del boss, recentemente citato nel processo sulla trattativa Stato-mafia e mai salito sul banco dei testi, è intervenuto il neo procuratore antimafia Cafiero De Raho: «è la modalità comportamentale tipica di chi ha assunto un ruolo verticistico. E’ l’immagine del monolite che l’organizzazione rappresenta. Qualunque indebolimento sarebbe l’annientamento dell’organizzazione. Se avesse collaborato avrebbe svelato quei segreti della mafia che l’ha resa forte».
La salma dell’anziano padrino dovrebbe arrivare a Corleone nei prossimi giorni per essere sepolta nel cimitero del paese, diviso tra anziani «nostalgici» che si dicono a lutto e chi spera che con la morte del boss finisca davvero un’era. La notizia della morte del capo dei capi che, ne è certo il procuratore di Palermo Francesco Lo Voi, ha continuato a essere un riferimento per gli uomini dei clan fino alla fine, ha fatto il giro del mondo. «Con Riina, però, non finisce Cosa nostra», dice Lo Voi mentre Pietro Grasso, presidente del Senato per anni magistrato antimafia, invita a non abbassare la guardia.
La mafia, dunque, non è finita e continua a sparare e fare affari: gli occhi degli investigatori, ora, sono puntati sulla successione. Chi prenderà il posto del padrino corleonese? «Fare scenari - dice il capo dei pm palermitani - è velleitario». Ma i clan hanno bisogno di un organismo di comando: una commissione, un uomo solo? Saranno le indagini a dirlo, mentre gli esperti di mafia sono certi che lo scettro non passerà all’ultimo grande latitante di Cosa nostra, Matteo Messina Denaro, rampollo di una famiglia mafiosa storica trapanese da sempre vicina ai corleonesi.
Al 41 bis dal giorno del suo arresto, il 15 gennaio del 1992, Riina non ha mai lasciato il carcere duro. I suoi legali hanno provato a ottenere un differimento pena senza successo. Condannato a scontare ergastoli per centinaia di omicidi era ancora sotto processo per tre vicende: la cosiddetta trattativa Stato-mafia, l’attentato al rapido 904 e le minacce al direttore del carcere di Opera dove era stato detenuto. I tre procedimenti verranno chiusi con la dichiarazione di estinzione del reato per morte del reo.
«E' stata sconfitta l’idea folle di Riina e altri esponenti mafiosi di fare la guerra allo Stato e vincerla. Lo Stato ha vinto continuando a rispettare la legge e la Costituzione» ha spiegato Lo Voi.
Dal Salento, dove vive da tempo, Maria Concetta Riina, la maggiore dei figli del boss lista a lutto la sua pagina Facebook. Una rosa e l’invito al silenzio per salutare il padre.