BARI - L’economia pugliese nel 2015, pur con qualche criticità sulla situazione occupazionale, mostra alcuni dati di significativo miglioramento e soprattutto di una dinamicità più accentuata rispetto alle altre regioni del Mezzogiorno. E’ quanto emerge dal rapporto Puglia 2016 dell’Ipres, presentato oggi a Bari nella sala Guaccero del Consiglio regionale, alla presenza, tra gli altri, del presidente del comitato scientifico dell’Istituto pugliese di ricerche economiche e sociali, Nicola Di Cagno, del presidente dell’Ipres, Vito Sandro Leccese, del direttore generale Angelo Grasso, e del presidente dell’Assemblea legislativa, Mario Loizzo.
«Il Pil, l’indicatore più noto, si è attestato - ha spiegato Grasso - sui 70 miliardi di euro in valore nominale ed è cresciuto rispetto al 2014 del 1,2%, ossia più della media del Paese e più del Sud. Hanno sostanzialmente tenuto i consumi delle famiglie con una crescita dell’1,5%». «Restano criticità sul fronte dell’occupazione e pur registrando un recupero - ha aggiunto - rispetto alle perdite accumulatesi negli anni di crisi, i miglioramenti non sono ancora significativi. Rispetto al 2008 sono stati persi circa 80mila posti di lavoro e mentre cresce l’occupazione meno qualificata si hanno perdite più secche in quella qualificata e tra i giovani».
«Un trend fortemente negativo emerge - ha sottolineato - dall’analisi degli investimenti che segna un calo dai 13,9 miliardi del 2000 ai 10,5 miliardi del 2014 con una contrazione di 3,4 miliardi di euro». «E' questo un macigno - a giudizio del presidente Loizzo - che pesa enormemente sulle possibilità di sviluppo. Un governo può fare tutti gli sforzi, per sostenere l’occupazione e le piccole imprese, ma restano estemporanei se non vengono inseriti in un contesto organico di investimenti pubblici e privati». «Ed è un’aggravante considerare che per il Mezzogiorno gli investimenti - ha concluso Loizzo - vengono solo dal quadro comunitario di sostegno, mancando risorse pubbliche e private per sollevare il Meridione dai suoi ritardi. Non sono lamentele, non è il Sud piagnone, sono i dati oggettivi che ci parlano di problemi reali. Gli indicatori positivi, come il Pil, non bastano».