Contrasti che hanno visto protagonisti Forleo e il procuratore aggiunto di Milano Armando Spataro, sfociati anche in un esposto che quest'ultimo ha inviato al Csm. Il «numero due» della Procura le contestava i ritardi con i quali avrebbe tardato a fissare l'udienza con Farida imputata. Accuse sulle quali ora il pg della Cassazione intende vederci chiaro, che al termine dell'istruttoria deciderà se chiedere il suo proscioglimento o il rinvio a giudizio davanti al «tribunale» del Csm.
La lunga «querelle» aveva portato anche la Procura di Milano a ricusare il gup: secondo l'ufficio dei pm, infatti, Forleo non poteva occuparsi della posizione di Bentiwaa essendosi già espressa sulla posizione dei coimputati, tra i quali c'era il marocchino Mohammed Daki. Tesi accolta dai giudici d'appello del capoluogo lombardo che lo scorso gennaio hanno detto sì alla richiesta di ricusazione a carico del gup: Clementina Forleo non è più titolare del procedimento a carico di Farida Bentiwaa, la prima donna indagata in un processo in Italia per fatti di terrorismo islamico.
Un nuovo fronte, dunque, che va ad aggiungersi a quello già aperto per la vicenda delle inchieste sulle scalate bancarie. Prima il plenum del Csm dovrà pronunciarsi sulla proposta di trasferire la Forleo da Milano, avanzata a maggioranza dalla Prima Commissione che le contesta alcune esternazioni su presunte pressioni e intimidazioni subite. Poi, il 27 giugno il «processo» davanti alla sezione disciplinare del Csm: sotto i riflettori, stavolta, l'ordinanza con la quale il giudice chiese al Parlamento l'utilizzabilità delle intercettazioni, disposte nell'ambito delle inchieste sulle scalate bancarie, che coinvolgevano tra gli altri Massimo D'Alema e Piero Fassino.
«Violazione dell'obbligo di imparzialità, correttezza ed equilibrio» è l'accusa: alcune frasi inserite dal gip per motivare la sua richiesta rappresentano infatti - secondo le contestazioni - un «abnorme e non richiesto giudizio», connotato da «accenti suggestivi e stigmatizzatori». Come quelle, viene riportato nell'atto d'accusa inviato a Palazzo dei Marescialli, nelle quali la Forleo indica i parlamentari come «consapevoli complici di un disegno criminoso» e «pronti e disponibili a fornire loro supporti istituzionali».