di ANTONIO GALIZIA
BARI - Ripartite, a singhiozzo e tra mille dubbi, le attività di raccolta delle ciliegie nella nel Sud Est Barese, dove ai produttori, quasi tutti, non iscritti alla «Rete di lavoro agricolo di qualità» (lo strumento adottato per intercettare potenziali fenomeni i illegalità nel lavoro agricolo, come il caporalato e il lavoro nero) era stato impedito il conferimento delle precoci Bigarreaux. Centinaia di cerasicoltori sono andati nel panico perché, dopo un anno di lavoro, si sono imbattuti in un balzello che rischia davvero di vanificare tanti sacrifici. Per andare loro incontro ed evitare che le ciliegie destinate all’export finissero al macero, le aziende di commercializzazione di Conversano e Turi stanno chiedendo ai produttori di presentare la domanda online e, in attesa dell’approvazione, di consegnare come prova la copia della richiesta. Ieri, dunque, molti magazzini, ma non tutti, hanno regolarmente ritirato ciliegie, esercitando al contempo quell’opera di sensibilizzazione al tema della legalità che è alla base della legge che prevede l’adesione alla «Rete di lavoro agricolo di qualità».
Ripartite le attività anche nella Bat, dove si è reso necessario l’intervento del prefetto Clara Minerva presso i ministeri competenti per ottenere una proroga ai termini fissati dall’Inps. A darne notizia è Confagricoltura Puglia: «Dati i tempi, circa 60 giorni, e le lungaggini burocratiche che contraddistinguono il rilascio della certificazione partita solo il 15 settembre scorso, appare evidente che le aziende non riescano ad essere in regola nei tempi dettati dalla campagna delle ciliegie che dura circa 50 giorni. Questa situazione ha ingenerato evidenti tensioni nelle province di Bari e Bat nelle quali vi è il 40% della produzione nazionale di ciliegie e circa 7mila aziende agricole dedite all’ortofrutta, con un giro d’affari che supera i 100 milioni di euro. Pur condividendo la ratio del decreto legislativo – prosegue la nota - Confagricoltura Bari e Bat, insieme alla Cia di Bari e della Bat, a Fedagri Confcooperative Puglia e all’Apeo ha chiesto al prefetto di farsi portavoce presso i ministeri competenti di una proroga dell’applicazione della norma. Tale intervento immediato ha permesso la ripresa delle attività delle aziende agricole».
«Come Flai Cgil crediamo sia una polemica strumentale e che sia invece un elemento di trasparenza e legalità il fatto che la grande distribuzione richieda l’iscrizione alla Rete di qualità, che nel caso specifico riguarderebbe in primis gli operatori commerciali e chi intrattiene direttamente i rapporti di conferimento», dice il segretario generale della Flai Cgil Puglia, Giuseppe Deleonardis, che annuncia anche di aver segnalato ai prefetti e alle Procure della Repubblica di Bari e Trani la campagna che viene attuata «con arroganza e spregiudicatezza» e che «tende a creare disinformazione e malessere di massa contro» l’applicazione della legge statale n.91/2015. Per l’iscrizione alla Rete servono alcune certificazione, dal casellario giudiziario al Durc, e la norma «è stata pensata a tutela di chi lavora ma anche di quelle imprese che essendo in regola con la normativa sono vittime del dumping di altre imprese che sfruttano il lavoro» tuona la Flai Cgil. «Va ostacolata - conclude Deleonardis - questa cultura dell’impunità nell’agroalimentare». «Sono tanti i prodotti stranieri venduti sui banchi degli ipermercati pugliesi, proprio nelle ore in cui si stanno rifiutando di ritirare ciliegie pugliesi» obbietta, però, il presidente di Coldiretti Puglia, Gianni Cantele. «Gli ipermercati lasciano a terra le ciliegie pugliesi con la scusa che i produttori non hanno la certificazione etica - aggiunge il direttore dell’organizzazione, Angelo Corsetti - e acquistano prodotto da Paesi extracomunitari, che nulla possono garantire in termini proprio di eticità nei rapporti di lavoro».