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Grotte, dirupi e storia gli eremi del silenzio affacciati sul Gargano

 
Grotte, dirupi e storia gli eremi del silenzio affacciati sul Gargano

Mercoledì 22 Luglio 2015, 11:29

03 Febbraio 2016, 07:23

di Enrica Simonetti

BARI - C’è una Puglia fatta di dirupi, vento e grotte scavate in un vallone profondissimo. Una Puglia che non ti aspetti perché è poco nota e poco raggiungibile: praticamente una meta perfetta, in cui si vaga solitari sorprendendosi ad ogni passo, non solo per la bellezza struggente del luogo ma anche per la sua incredibile storia millenaria.

Siamo sul Gargano, in giro tra gli eremi di Santa Maria di Pulsano, a Monte Sant’Angelo. Qui, tra gli anfratti si nascondevano frati eremiti, qui, in cima alla rupe, è sorta un’abbazia costruita sulle rovine di un tempio pagano. E ancora: qui, in questa valle dominata da rocce acuminate, ha operato un ordine monastico scomparso. Sembra impossibile poter raccontare tutto quello che nei secoli è accaduto in questa valle apparentemente placida e appartata. Per arrivarci, ci si deve spostare da Monte Sant’Angelo e soprattutto ci si deve far accompagnare da una guida esperta: le grotte sono davvero nascoste e il sentiero da «scalare» è impervio, come se il suo fascino debba essere direttamente proporzionale alla difficoltà di penetrarlo. Le pareti scoscese del vallone rivelano di tanto in tanto una caverna e scoprire questi luoghi è davvero una «gita» unica che ci fa immergere in una vita misteriosa come doveva essere quella degli eremiti. Le grotte hanno poche tracce: nomi di santi (c’è persino San Nicola) rinnovati dalla tradizione e dalla fede, alcuni segnali, antichissimi affreschi. Ma soprattutto il silenzio, il vento che scava la pietra e il sole che d’estate brucia ogni filo d’erba sono i compagni di avventura del viaggio slow nell’eremitaggio del passato. Gli studi hanno rivelato tante notizie particolari, tra le quali colpisce ad esempio quella secondo la quale gli eremiti che abitavano queste celle erano in comunicazione tra di loro: soli ma in comunità, dato che esercitavano il culto e persino lavori collettivi (prova è ad esempio il fatto che una delle grotte era adibita a mulino).

Insomma una antichissima città della solitudine in cui però si coltivava già il seme sociale del vivere comune. Non è un meraviglioso contrasto? La scarpinata tra gli eremi fa scoprire come le grotte singole erano ben collegate tra loro, con una rete di sentieri e scalinate, nella quale appare persino una «rete idrica» di canali scavati nella roccia che doveva servire a convogliare le acque in cisterne, terrazzamenti e singole celle.

Gli eremiti facevano parte di una comunità nata in Egitto intorno a S. Antonio e la zona fu abitata fino all’era moderna. Chi si soffermi ad ammirare l’Abbazia e la mostra permanente con bellissime fotografie di Angelo Torre, non può tentare di proseguire il viaggio, anzi, il «pellegrinaggio», tra una grotta e l’altra, tra il cielo e le pietre.

Le leggende su queste grotte sono tantissime: c’è chi ha scritto che negli eremi avrebbero soggiornato S. Francesco d’Assisi nel 1216 e S. Celestino V, nel 1295, prima di fuggire a Vieste. E c’è - purtroppo - la realtà di chi ha deturpato per sempre queste caverne, scrivendo nomi e colorando la pietra antica. Per non parlare dei tentativi di scrostare e portare via affreschi: in un qualunque altro Paese del mondo, un piccolo paradiso come questo sarebbe stato non solo più noto ma anche più tutelato.

Per fortuna, qualcosa si muove da quando le tante segnalazioni hanno fatto degli eremi di Pulsano un «luogo del cuore» del Fai, anche se molti studiosi già da tempo avevano segnalato l’importanza del sito. Ad esempio raccontando in diverse ricerche il passato dell’abbazia, nata nel lontano 591, sui resti di un antico tempio oracolare pagano dedicato a Calcante. Non tutto si sa con precisione ma pare certo che la chiesa fu affidata ai monaci dell'ordine di Sant'Equizio abate e che nel 1129, l'intervento di san Giovanni da Matera e della sua Congregazione Pulsanense la fece risorgere dal grave stato di abbandono in cui si trovava. Così arrivarono gli eremiti, così la valle solitaria si popolò di queste vite sospese, solitarie e silenziose. Intorno il 1300 però l'Ordine Pulsanense si estinse e i superstiti passarono all'Ordine benedettino, tanto che alla fine l'abbazia passò ai Celestini. Volti, ordini, regole e santi: quante figure diverse si sono avvicendate qui dove ora circolano solo uccelli rapaci, rondini primaverili e lucertole dalla grandezza incredibile. Gli eventi accaduti continuano di secolo in secolo: un terribile terremoto seicentesco e - ora - le depredazioni dei vandali, cominciate con il terribile furto del 1966 quando fu trafugata l’icona della Madre di Dio di Pulsano. Pensate, è datata tra il XII e XIII secolo. Roba da museo.

Si deve all'interessamento dell'arcivescovo Vincenzo D'Addario, nel 1997, la riapertura della chiesa al culto, la rinascita della comunità e quindi la nuova vita degli eremi. Ai quali non servono i turisti in massa, che qui non potrebbero arrivare tutti data la difficoltà dei sentieri. Ma meno indifferenza sì, quella servirebbe davvero.
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