Il cognato di Totò Riina paga così le dichiarazioni rese il 4 ottobre al processo per l'omicidio di Ignazio Di Giovanni: con fare minaccioso, alla fine dell'udienza, il boss imputato aveva reso spontanee dichiarazioni per smentire la notizia del presunto tentativo di scambio delle fedi nuziali tra lui e il boss catanese Nitto Santapaola. Al di là del merito della contestazione mossa ai giornalisti, Bagarella si era dimostrato perfettamente informato circa l'origine della notizia.
Le fonti delle notizie sono roba da addetti ai lavori, dunque non è considerato per niente normale, dagli inquirenti, che un boss teoricamente isolato dal regime del «41 bis» sapesse che la fonte fosse stata non solo l'Ansa, ma anche «l'Ansa di Palermo». Il segnale era stato interpretato come doppiamente minaccioso, perchè nella sede regionale siciliana dell'agenzia di stampa lavora Lirio Abbate, il cronista sottoposto a intimidazioni e sotto scorta: proprio lui, tra l'altro - ma questo Bagarella non l'ha detto - è l'autore del «take» che non è piaciuto al killer corleonese detenuto.
Le ulteriori misure restrittive sono datate proprio 4 ottobre e consistono in una serie di divieti: niente posta, nè in arrivo nè in partenza, il sequestro del materiale che il capomafia aveva in cella, compresi i capi di abbigliamento e la radiolina, che gli viene consegnata per un'ora al giorno, mentre vestiti e ricambi gli vengono portati, su richiesta, dagli agenti di custodia.
«Il mio cliente - commenta il legale del boss, l'avvocato Giovanni Anania - viveva già in uno stato di segregazione e ora se l'è visto ulteriormente aggravare. Non riceve più nemmeno il Giornale di Sicilia, cui è regolarmente abbonato». Secondo il difensore, Bagarella ha saputo che la notizia era dell'Ansa dalla tv: «Che venisse da Palermo - aggiunge Anania - sarà stata una sua intuizione».