REGGIO CALABRIA - Un risentimento di tipo personale, accompagnato da non meglio precisate, almeno per il momento, questioni di carattere politico. Sarebbe stato questo ad indurre Alessandro Marcianò, 55 anni, detto Celentano per la sua rassomiglianza con il cantante, caposala dell'ospedale di Locri, ad ordinare l'assassinio, il 16 ottobre scorso, dell'allora vicepresidente del Consiglio regionale della Calabria, Francesco Fortugno, 54 anni, della Margherita, medico ed ex primario del pronto soccorso dello stesso nosocomio locrese.
Marcianò è stato arrestato nella tarda mattinata dalla Squadra mobile di Reggio Calabria e dal Servizio centrale operativo della Polizia.
Insieme a lui, i Carabinieri del comando provinciale di Reggio Calabria, hanno preso il figlio, Giuseppe, di 28 anni, accusato di avere svolto un ruolo nell'organizzazione dell'assassinio di Fortugno, ucciso con cinque colpi di pistola, uno soltanto dei quali mortale, mentre si trovava a Palazzo Nieddu del Rio, sede del seggio delle Primarie dell'Unione.
Le indagini, fino ad oggi, erano rimaste ferme all'arresto, eseguito il 21 marzo scorso, delle quattro persone che avrebbero partecipato all'uccisione di Fortugno, tra cui il presunto esecutore materiale, Salvatore Ritorto, di 27 anni. Oggi, a tre mesi esatti dai primi arresti, la clamorosa svolta con l'arresto di Alessandro Marcianò quale presunto mandante di quello che, assieme all'omicidio di Lodovico Ligato, ex presidente delle Ferrovie dello Stato, ucciso nel 1989 a Reggio, rimane il più grave delitto di un esponente politico mai accaduto in Calabria.
In attesa di conoscere ulteriori particolari nel corso della conferenza stampa convocata per domani dal procuratore della Repubblica di Reggio Calabria, Antonino Catanese, non sembra, al momento, che la politica c'entri molto con l'omicidio di Fortugno. Dal fitto riserbo imposto sulle indagini, ciò che emerge attualmente, riguardo il movente dell'omicidio, è il forte risentimento personale da parte di Marcianò nei confronti dell'esponente della Margherita. Risentimento che avrebbe riguardato anche la famiglia di Fortugno ed, in particolare, la moglie dell'ex vicepresidente del Consiglio regionale, Maria Grazia Laganà, vicedirettore sanitario, all'epoca dell'omicidio del marito, dell'ospedale di Locri. Maria Grazia Laganà, figlia di Mario Laganà, più volte deputato della Dc, nelle scorse elezioni politiche è stata eletta alla Camera nella lista dell'Ulivo.
Da indiscrezioni emerge, comunque, che il movente dell'assassinio di Fortugno non sarebbe da ricercare soltanto in fatti interni all'ospedale di Locri da cui sarebbe derivato il risentimento di Marcianò nei confronti della vittima e della sua famiglia. Ci sarebbe anche dell'altro, presumibilmente fatti di natura politica sui quali, però, al momento e almeno ufficialmente, c'è uno stretto riserbo. Il nome di Marcianò quale possibile mandante dell'assassinio di Fortugno, peraltro, era già finito sui giornali nei giorni immediatamente successivi all'arresto degli esecutori dell'omicidio di Fortugno. La reazione all'epoca del caposala dell'ospedale di Locri era stata improntata ad estrema sorpresa, accompagnata dalla sottolineatura della sua estraneità all'assassinio. «Sono tranquillissimo - aveva detto Marcianò - ed ho la coscienza a posto. Dicono che sono il boss della sanità e che ho tanto potere, ma le dico una cosa: se fossi stato davvero un boss, avrei avuto due figli, entrambi ragionieri, che sono disoccupati?».
Un altro elemento emerso oggi dal riserbo delle indagini è che anche dopo l'arresto di Alessandro Marcianò e del figlio le indagini sull'omicidio di Francesco Fortugno sono tutt'altro che concluse. Ciò che la Procura antimafia di Reggio Calabria vuole accertare fino in fondo è il ruolo svolto nella vicenda proprio da Alessandro Marcianò in modo da consentire all'inchiesta, eventualmente, di registrare ulteriori sviluppi.
Ezio De Domenico
Mercoledì 21 Giugno 2006, 22:08
22 Febbraio 2025, 15:22