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Chiese soldi ai pazienti, gli ridanno villa e 1 milione: in appello cade la concussione per l’oncologo Rizzi

Chiese soldi ai pazienti, gli ridanno villa e 1 milione: in appello cade la concussione per l’oncologo Rizzi

 
Linda Cappello

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Linda Cappello

Bari, ridotta in appello la condanna per l'ex oncologo Rizzi: chiedeva soldi ai malati in cambio di farmaci gratuiti

Da 9 anni a 6 anni e 4 mesi. In primo grado Rizzi fu condannato a 9 anni con rito abbreviato. Accolto il concordato proposto dalla difesa, l'accusa originaria trasformata in truffa (senza aggravanti):

Giovedì 08 Febbraio 2024, 13:30

09 Febbraio 2024, 09:23

BARI - Cade l’accusa di concussione e la Corte d’Appello di Bari restituisce la villa di Santo Spirito e un milione di euro a Giuseppe Rizzi, 68 anni, originario di Bitonto, l’ex oncologo dell’Istituto Tumori Giovanni Paolo II agli arresti domiciliari dal maggio 2021 per aver preteso denaro da malati terminali a fronte della somministrazione di terapie che avrebbero dovuto invece essere erogate a titolo gratuito.
I giudici di secondo grado (presidente Antonio Civita, a latere Roberto Olivieri Del Castillo e Lorenzo Gadaleta) hanno accolto la richiesta di concordato che l’avvocato Mario Malcangi aveva concluso con la Procura generale. La pena è stata dunque ridotta a sei anni, quattro mesi e dieci giorni (in primo grado Rizzi era stato condannato a 9 anni con il rito abbreviato), oltre ad una multa di 2.144 euro. Il reato di concussione è stato derubricato in quello di truffa a danni di privati, mentre l’ipotesi aggravata ai danni dello Stato è stata assorbita nell’abuso d’ufficio. Uno sconto sostanzioso reso possibile anche dalla scelta di risarcire, dopo la sentenza di primo grado, le 11 vittime delle condotte che per la Procura erano concussive: hanno tutti revocato la costituzione di parte civile.

Per la compagna del medico, l’avvocato Maria Antonietta Sancipriani, 60 anni, di Bari, la pena è stata ridotta ad un anno, 11 mesi e 10 giorni più una multa di mille euro a fronte dei cinque anni e sei mesi in primo grado. Per la donna è stata inoltre disposta la sospensione della pena per la durata di cinque anni. Confermate invece le condanne al risarcimento, con provvisionali di 10mila euro a favore dell’Ordine dei medici di Bari (avvocato Roberto Tartaro) e di 30mila euro per l’ospedale (avvocato Maria Grimaldi).
L’inchiesta, avviata nel 2020 dal pm Marcello Quercia, scattò in seguito alla denuncia presentata dal direttore generale dell’Istituto Tumori, Alessandro Delle Donne, con riferimento ad una cospicua richiesta risarcitoria da parte dell’avvocato di un paziente di Foggia, deceduto in seguito ad un carcinoma incurabile. L’uomo avrebbe pagato ben 127mila euro a fronte delle terapie somministrate da Rizzi.

Secondo la prospettazione accusatoria, l’ex oncologo ospedaliero avrebbe fatto credere al paziente che, nonostante la gravità del quadro clinico, una terapia mirata gli avrebbe consentito di vivere più a lungo. Nello specifico si trattava di iniezioni di Zarzio (medicinale che per il Sistema sanitario nazionale ha un costo variabile fra i 4,95 e i 7,92 euro) e di Filgrastim, soggetto ad esenzione totale per i malati oncologici: eppure Rizzi, in un lasso di tempo compreso fra il dicembre 2018 ed giugno 2019, avrebbe preteso per ogni iniezione circa 900 euro. Le somministrazioni avvenivano sia nella stanza che l’oncologo occupava all’interno dell’ospedale sia presso l’ufficio del Caf, adibito ad ambulatorio, dove lavorava la Sancipriani. Solo per la prima visita Rizzi si sarebbe fatto consegnare 500 euro in contanti. «Ne usciremo vincenti», avrebbe detto al malato. I familiari del paziente hanno raccontato che per far fronte alle terapie il loro congiunto avrebbe acceso alcuni finanziamenti, chiedendo soldi a parenti e amici per sostenere le richieste di Rizzi. Nelle carte dell’indagine si fa poi riferimento alla consegna al medico di un Iphone 8, del valore di 549 euro, ed all’esecuzione di lavori di ristrutturazione della villa di Palese di Rizzi per un ammontare complessivo di ottomila euro.

In occasione dell’arresto, i carabinieri della sezione di polizia giudiziaria sequestrarono a Rizzi circa un milione 700 mila euro in contanti, oltre ad 11 reperti archeologici di valore come anfore e vasi.
Per quanto riguarda le somme sequestrate, la Corte di Cassazione aveva già stabilito la restituzione di una prima tranche di 95mila euro, aprendo al dissequestro del resto dei soldi in virtù del divieto di confisca allargata. Rizzi ritiene infatti che quelle somme fossero il provento della sua attività professionale. La Corte d’appello ha disposto la restituzione, ma nel frattempo è stata avviata una verifica fiscale. 

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