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La roulette russa del grano duro, Cia Puglia: «Così salta la filiera»

 
Redazione online

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La roulette russa del grano duro, Cia Puglia: «Così salta la filiera»

La crisi del grano pugliese

La Confederazione Italiana Agricoltori: «La convocazione del tavolo cerealicolo non è più rinviabile, al Governo chiediamo aiuti sul modello per il riso»

Mercoledì 21 Settembre 2022, 09:34

«I produttori di grano non ce la fanno più. Le risposte alla crisi devono arrivare ora, subito. Abbiamo chiesto la convocazione del Tavolo Cerealicolo tre settimane fa. Aspettare ancora non farà che peggiorare la situazione». La Cia di Puglia torna a chiedere alla Regione Puglia e all’assessore Donato Pentassuglia di riunire attorno a un tavolo tutte le componenti della filiera cerealicola: produttori, stoccatori, mugnai e pastai. «Nelle Borse Merci pugliesi, il valore riconosciuto alla parte produttiva per il nostro grano duro si attesta ancora attorno ai 480 euro alla tonnellata. Una miseria se rapportata da un lato ai costi di produzione (materie prime, gasolio, energia) e dall’altro al crollo delle rese: a Foggia, nella Bat e nel Barese la media dei raccolti è sprofondata, attestandosi attorno a una forbice di 20-25 quintali per ettaro. Il prezzo riconosciuto ai nostri produttori è crollato di oltre 100 euro alla tonnellata in poche settimane. Più che sulle "montagne russe" siamo ormai alla "roulette russa", un abominevole gioco d’azzardo che mette a rischio la vita delle nostre imprese. La speculazione sulla guerra in Ucraina è soltanto un pretesto» denuncia la Cia.

«Serve riconoscere ufficialmente, anche nei meccanismi delle Borse Merci, un valore specifico e la relativa premialità per gli elementi che compongono l’identità 100% italiana dal grano duro alla semola di grano duro. Attualmente non è così, poiché la quotazione relativa alla semola comprende anche la produzione estera. Come è stato fatto per la crisi dei produttori col Decreto sul riso, chiediamo ci si attivi presso il governo nazionale per ottenere un Decreto che ristori e aiuti i cerealicoltori» sottolinea la Confederazione degli agricoltori, che rimarca: «Il rischio è che si tenti di chiudere la stalla dopo che i buoi sono scappati. Se non s’interviene ora, ci ritroveremo tra pochi mesi con centinaia di produttori che rinunceranno a seminare grano duro. Altro che "made in Italy" e pasta 100% italiana con semola di grano duro prodotta in Italia. Ecco perché la corsa al ribasso è dannosa e dissennata anche per le altre componenti della filiera, quelle a cui ora fa comodo comprare a certi prezzi. In prospettiva, infatti, aumenterà la loro dipendenza dal mercato del grano estero e la pasta realmente italiana difficilmente si potrà produrre su larga scala. Se davvero l’Italia ritiene strategica la filiera della pasta di semola di grano duro italiano, con tutto ciò che ne consegue per quanto riguarda posti di lavoro, export e redditività, allora occorre che i produttori siano tutelati, perché in questi anni sono stati loro la parte più debole di una filiera che ha continuato a macinare profitti crescenti per tutti, tranne che per gli agricoltori».

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