«È inaccettabile che per realizzare il parco eolico offshore di Taranto ci siano voluti quattordici anni. Per cambiare rotta, l’Italia avrebbe bisogno di un Decreto Semplificazioni al mese». La provocazione, accompagnata da un largo sorriso, porta l’autorevole firma di Carlo Cottarelli, economista, direttore dell’Osservatorio sui conti pubblici italiani, docente universitario ed ex commissario governativo per la revisione della spesa.
Su Taranto, o meglio sul parco eolico marino inaugurato giovedì scorso, è intervenuto con un tweet in cui ha evidenziato proprio i (quasi) tre lustri trascorsi dalla presentazione del progetto alla realizzazione dell’opera. Sul suo profilo Twitter, infatti, ha scritto: «Poi non lamentiamoci se dipendiamo dal gas russo». E in un’intervista concessa alla Gazzetta parla della burocrazia, ma interviene anche sul tema dell’energia di cui tanto si discute soprattutto dopo l’inizio della guerra tra Russia e Ucraina.
Professor Cottarelli, nella tavola rotonda tenuta a Taranto, personalità di orientamento politico opposto quali il presidente nazionale di Legambiente, Ciafani e l’ex sottosegretario Crosetto (FdI) hanno descritto la variegata composizione del partito del No che blocca le opere pubbliche in Italia. Ne farebbero parte enti locali, settori oltranzisti dell’ambientalismo e Soprintendenze. Quanto pesano questi ostacoli sulla ripresa (economica) del Paese?
«Tanto, ovviamente. Sia chiaro, non intendo dire che non ci debbano essere regole e che si debba dire sempre sì a tutto, ma quello che non mi convince è proprio l’atteggiamento di chi si oppone in maniera pregiudiziale».
Cosa vuol dire esattamente?
«Si può anche legittimamente respingere un progetto, ma chi lo fa dovrebbe poi indicare quali alternative percorrere per raggiungere diversamente l’obiettivo stabilito».
E in questo contesto, quello rappresentato dal parco eolico offshore nel Mar Grande di Taranto, quale dovrebbe essere l’obiettivo da perseguire?
«L’Italia deve cercare di essere progressivamente indipendente dal punto di vista energetico dalla Russia. E per farlo, deve investire sempre di più e insistere proprio sulle rinnovabili».
Ci vorrà tempo. E nell’attesa il Governo Draghi sta trattando con alcuni Paesi per ricevere forniture di gas alternative a quelle che ora provengono da Mosca. Non si può escludere, però, che i nostri nuovi interlocutori abbiano in futuro problemi di stabilità politica e rapporti internazionali non sereni. Sono relazioni... pericolose?
«(Sorride, ndr) Si vede che il Signore ha portato il gas e il petrolio proprio nei luoghi del mondo più politicamente instabili. Battute a parte, purtroppo, se si ragiona con la logica dell’emergenza (energetica) è davvero difficile avere il lusso di scegliersi i propri partner commerciali».
Puntare sulle rinnovabili, dunque. Giusto, ma l’Italia è ancora indietro.
«In realtà, sono aumentati gli investimenti».
Vero, ma ad esempio la Germania è decisamente più avanti.
«D’accordo, ma siamo arrivati a produrre il 42 per cento di energia in maniera rinnovabile (il restante 58 è ancora generato con il gas). Siamo, quindi, sulla strada giusta».
Nonostante il «partito del No?».
«Sì, nonostante. A proposito, di recente, un ministro mi ha riferito un fatto piuttosto emblematico».
Quale?
«Vorrebbe far installare sul tetto del ministero, a Roma, dei pannelli fotovoltaici con il chiaro intento di far ricorso all’energia rinnovabile almeno per i suoi uffici».
Ottima idea.
«Assolutamente sì. Purtroppo, la Soprintendenza ha posto dei problemi di natura paesaggistica. Tralasciando il fatto che spesso i tetti dei ministeri si trovano in condizioni non proprio decorose, mi chiedo davvero quale legame ci sia con il rispetto del paesaggio. I turisti, per caso, ammirano le bellezze di Roma dai tetti di un ministero? Mah, al massimo quest’aspetto può interessare a qualche oligarca russo nel caso in cui, ragionando per assurdo, atterrasse lì con il suo elicottero. Il potere di certe soprintendenze, a volte, è straripante».
Tanto straripante da aver contribuito a far trascorrere 14 anni per il parco eolico offshore di Taranto. Concretamente, come si può sbrogliare questa matassa burocratica? Lei cosa proporrebbe al Parlamento?
«Il Governo, a dire il vero, qualcosa ha fatto in questa direzione. Non basta, lo so. Bisognerebbe ridurre il numero degli enti pubblici che possono esprimere un parere su un’opera nelle Conferenze di servizi. La fase autorizzativa, in Italia, è eccessivamente frazionata».
I tentativi di snellire la burocrazia non sembrano aver raggiunto l’obiettivo auspicato. Negli ultimi anni, sono stati approvati ben tre Decreti Semplificazioni, ma la situazione non è cambiata. Che fare, quindi?
«In realtà, ci vorrebbe un Decreto Semplificazioni al mese. In Italia, penso che sia il problema principale, provvedimenti di questo tipo vengono materialmente scritti da quegli stessi funzionari che, poco prima, hanno definito leggi inutilmente complicate. Alla fine, il vero nodo da sciogliere, il reale ostacolo è questo».