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De Nicola: «Il Pnrr? Non basta, per la giustizia serve uno sforzo in più»

 
Leonardo Petrocelli

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Leonardo Petrocelli

De Nicola: «Il Pnrr? Non basta, per la giustizia serve uno sforzo in più»

La proposta di «Programma per l'Italia»

Venerdì 07 Maggio 2021, 13:05

La piattaforma libdem «Programma per l’Italia», presieduta dall’economista Carlo Cottarelli, esordisce oggi con un proposta di riforma della Giustizia. Da tempo il comitato di tecnici ed esperti è al lavoro per costruire, punto su punto, le linee guida per un cambiamento complessivo del Paese. A promuovere l’iniziativa due associazioni (Ali, I liberali) e tre partiti (+Europa, Azione e Pri) determinati a presentarsi alle prossime elezioni con un programma stilato da personalità indipendenti. Fra queste anche Alessandro De Nicola, avvocato, docente e presidente della «Adam Smith Society».

Professor De Nicola, quanto «pesano» le riforme nel processo di rinnovamento del Paese?
«Dobbiamo capire che i problemi non si risolvono con le cascate di soldi pubblici. Ad Alitalia abbiamo dato negli anni 12 miliardi: oggi dovremmo avere una compagnia come la Singapore Airlines e invece la situazione è quella che conosciamo. I soldi non bastano, serve l’ambiente, la struttura».

Perché cominciare dalla giustizia?
«Uno studio di Bankitalia ci conferma che una giustizia migliore e più efficiente vale un punto di Pil in più all’anno. In due lustri significa 10 punti di Pil che per un Paese come il nostro, da anni fermo al palo della crescita, sono un’enormità».

Ma il Piano nazionale di Ripresa e Resilienza già interviene sulla Giustizia in modo incisivo. Non basta?
«Le linee esposte nel Pnrr sono apprezzabili anche grazie agli sforzi del ministro Marta Cartabia. Il nostro giudizio non è negativo, anzi, la direzione presa è quella giusta. Dal punto di vista della giustizia civile, ad esempio, sono enunciate una serie di iniziative corrette. Nel nostro programma però ne rinforziamo alcune, affrontiamo qualche aspetto che non è stato considerato e puntiamo con decisione sul merito. Insomma, bene il Pnrr ma si può fare di più».

Entriamo nel merito, allora. Da dove si comincia?
«Dalla linee generali. Un italiano su due non ha fiducia nella magistratura, un dato terribile per un Paese occidentale. Da garantisti, il nostro lavoro è centrato sul ridare efficienza al sistema giudiziario, premiando il merito, prima di tutto, e poi creando i pesi e i contrappesi che in molti casi nel nostro Paese non ci sono».

Dalla teoria alla pratica con la madre di tutte le questioni: come si riforma il Csm?
«Si parte dalla separazione delle carriere e quindi da due Csm autonomi e indipendenti: uno per la magistratura giudicante e uno per quella inquirente. E poi la composizione con metà magistrati e metà membri laici non tutti eletti dalla politica ma anche da ordini professionali e dall’accademia. Deve essere, nei limiti del possibile, un crogiolo di competenze».

Magistrati e politica: come se ne esce?
«Ci vogliono dei limiti. Uno su tutti: se ti candidi e vieni eletto poi, a fine corsa, non torni a fare il magistrato, vai fuori ruolo»

Altre novità di rilievo?
«Puntiamo sulla razionalizzazione perché è assurdo che la magistratura faccia capo a tanti ministeri diversi. E poi la trasparenza con la pubblicazione anno per anno degli indicatori di produttività. Inutile sparare nel mucchio, bisogna capire chi è lento e chi spreca risorse. Magistrati e funzionari della giustizia devono progredire per merito attraverso parametri oggettivi e giudizi non autoreferenziali. Per la gestione dei tribunali, infine, serve un dirigente dal profilo manageriale».

Torniamo al Pnrr. Non crede che prevedendo già una riforma della Giustizia il Plan metta di fatto una pietra «tombale» su altri cambiamenti? Perché andare al rilancio in questo momento?
«Non dimentichiamoci del giudizio della Commissione europea che non è una violazione della sovranità ma anzi un prezioso punto di vista che ci aiuta a valutare le cose con rigore. Non è escluso che Bruxelles chieda altri passi più avanti e che spinte più audaci come le nostre comunque facciano bene al sistema e alla sua produttività»

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