Si fermano gli impianti di estrazione petrolifera in Basilicata per controlli ai Centri olio (la Total ha ripreso ieri l’attività mentre l’Eni proseguirà lo stop per un altro mese). Nel frattempo continua senza sosta il monitoraggio della microsismicità nel territorio della Val d’Agri e della concessione Gorgoglione. Se ne occupa il Centro per il Monitoraggio delle attività di Sottosuolo, una struttura dell’Ingv dedicata alla raccolta e a tutte le conseguenti analisi scientifiche dei dati geofisici relativi ai territori italiani interessati da attività antropiche di utilizzo di georisorse. In Basilicata, ovviamente, viene costantemente monitorata la microsismicità dell’area interessata dall’estrazione di idrocarburi, la successiva attività di reiniezione nel terreno delle acque di scarto e lo stoccaggio in loco di gas naturale.
Il lavoro del Centro comincia subito dopo la sequenza sismica dell’Emilia del 2012. Si diffuse infatti in quel momento la preoccupazione che questi terremoti fossero in qualche modo connessi all’attività di sfruttamento del sottosuolo da tempo in corso in molte zone della Pianura Padana.
Purtroppo, nonostante la pericolosità sismica dell’area emiliana fosse correttamente rappresentata dalle mappe, la memoria «sociale» dei terremoti sia era persa nel corso delle generazioni perché da tempo non se ne verificavano. All’accadimento degli eventi del 2012, anche grazie alla cassa di risonanza dei social networks, si diffuse il sospetto che i terremoti emiliani potessero avere una loro ragion d’essere nelle estrazioni di gas e petrolio.
In effetti, oramai è noto che l’attività di estrazione o di iniezione di gas o liquidi nel sottosuolo può provocare dei terremoti che, generalmente, presentano una magnitudo modesta e quindi trascurabile in termini di pericolosità per la popolazione.
Tuttavia, nel caso della sequenza emiliana del 2012, nessuno studio ha dimostrato un chiaro legame tra le attività dell’uomo e quella sequenza sismica. Mentre, invece, essa è pienamente compatibile con i modelli geologici e tettonici noti e scientificamente acclarati. Questa sensibilità sociale a tali fenomeni naturali ed a quelle attività antropiche che, in linea di principio, potrebbero influenzarli, ha fatto sì che il Ministero dello Sviluppo Economico, responsabile per la sicurezza mineraria, pubblicasse linee guida, elaborate da un pool di esperti, in merito al monitoraggio geofisico degli effetti di queste attività, perché il controllo (che veniva comunque effettuato dagli stessi operatori) fosse indipendentemente realizzato da una struttura autorevole e terza. Nell’ambito di queste linee guida, l’Ingv è stato chiamato a questo importante ruolo di «controllore» indipendente ed istituzionale delle eventuali alterazioni della crosta terreste conseguenti all’attività umana.
La rete di monitoraggio opera attraverso una rete virtuale di 40 stazioni sismiche che risulta dall’integrazione di unità appartenenti a diverse reti indipendenti, mentre il monitoraggio geodetico è eseguito usando strumenti Gps ed Insar (Interferometric Synthetic Aperture Radar), che si basa sul confronto di immagini radar acquisite in tempi diversi per la misura degli spostamenti anche millimetrici della superficie terrestre.